
ALBA I Lunedì di San Paolo sono dedicati a “Vangelo e inculturazione”. Il centro culturale San Paolo, diretto da don Giuliano Censi, il 13 gennaio alle 18 in sala Giacomo Alberione – ingresso della casa madre in piazza San Paolo 14 – ospiterà Dario Vitali. Bresciano di Edolo, si è formato in teologia sotto la guida di Zoltan Alszeghy. Per lungo tempo è stato parroco di Velletri, professore degli Istituti di scienze religiose all’istituto Leoniano di Anagni. Ora insegna teologia alla Pontificia università gregoriana di Roma. Sull’esortazione apostolica di papa Francesco del 2013 ha pubblicato, per le Edizioni San Paolo, Un popolo in cammino verso Dio. La sinodalità in Evangelii gaudium. È consultore della Congregazione per la dottrina della fede; due anni fa il Pontefice l’ha nominato coordinatore dei teologi del Sinodo dei vescovi. Collabora con Famiglia cristiana e Vita Pastorale.
Don Vitali, cosa si intende per inculturazione nell’Evangelii gaudium?
«Il tema dell’inculturazione attraversa tutta l’esortazione apostolica come questione centrale per una Chiesa che voglia essere “in uscita”. Se “l’azione missionaria è il paradigma di ogni opera della Chiesa”, la sua trasformazione missionaria passa per il “coinvolgersi” nella storia dell’umanità, nella vita delle donne e degli uomini d’oggi. Ciò significa annunciare e testimoniare il Vangelo nei luoghi e nei contesti in cui la comunità cristiana vive. Il passaggio più chiaro su cosa significhi inculturazione in Evangelii gaudium si incontra al numero 115. “Questo Popolo di Dio si incarna nei popoli della Terra, ciascuno dei quali ha la propria cultura. L’essere umano è sempre culturalmente situato”. Il Papa aggiunge, parafrasando l’espressione di san Tommaso gratia supponit naturam, che “la grazia suppone la cultura e il dono di Dio si incarna nella cultura di chi lo riceve”».
Quale Chiesa uscirà al termine dell’Anno santo e del Cammino sinodale?
«Difficile dirlo. Se si riduce l’Anno santo a un evento, cambierà nulla. Da questo punto di vista, l’esperienza sinodale può essere un esempio e una lezione. Papa Francesco ha sottratto il Sinodo alla logica dell’evento e lo ha trasformato in un processo per tappe. La Chiesa cambia se sta sul pezzo, se vive con continuità i processi che lo Spirito avvia e non si affretta a girare pagina. Senza la continuità non si crea la profondità».
Lei ha spesso affrontato la questione del diaconato. Come deve essere inteso, oggi, questo ruolo? E per quanto riguarda la partecipazione delle donne?
«Pure su questo tema rischiamo di sprecare un’op-
portunità. Oggi, purtroppo, anche per una legislazione canonica insufficiente, gran parte dei diaconi svolgono prevalentemente un compito liturgico. In antico i diaconi erano ordinati ad ministerium, con il compito di prendersi cura dei bisogni della comunità, soprattutto dei poveri e degli ammalati. Non si tratta di un compito specificamente sacerdotale. Per questo non ci sarebbero problemi a conferire il ministero diaconale alle donne. Il consenso in ambito teologico è molto ampio. Il documento finale del Sinodo ha chiesto esplicitamente di continuare la ricerca in questo senso, esiste una commissione che sta approfondendo il tema».
Davide Barile
