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La stagione più breve di sempre: il tartufo bianco nel 2024 è sparito e tutti si interrogano sul perché

Oggi termina la stagione di raccolta del tartufo bianco d'Alba: è il momento per gli esperti e per i trifolao di interrogarsi sul futuro e su come preservare il prezioso prodotto

La stagione più breve

ALBA Oggi, 31 gennaio, si chiude la stagione della cerca del tartufo bianco d’Alba. Per questo è arrivato il momento di tirare le somme.

Il compito, a onor del vero, è facilitato dal fatto che la situazione da dicembre è rimasta tragicamente identica: il ritrovamento di esemplari di Tuber magnatum Pico si è interrotto. I buoni segnali, questa volta, c’erano tutti. Dopo due anni siccitosi, il 2024 era stato caratterizzato da numerose precipitazioni. La Regione Piemonte ci aveva messo del suo: come richiesto da tempo, aveva spostato l’inizio della raccolta al 1° ottobre.

Mauro Carbone, direttore del Centro nazionale studi tartufo, ha commentato: «L’annata in effetti è finita molto presto e finora nessuno ha saputo dare una spiegazione. Accanto a una mezza stagione più magra del previsto, possiamo però accostarne un’altra mezza molto buona. Rispetto ad altre regioni, in Piemonte c’è stata una produzione adeguata con una qualità interessante. Il fatto che il tartufo ci fosse solo da noi, però, ha contribuito all’innalzamento dei prezzi». Sulle prime settimane positive, Carbone ritiene che «in parte abbia influito lo spostamento dell’inizio della raccolta: quando fa troppo caldo, le prime trifole sono immature».

La carenza di prodotto ispirerà il tema della Fiera 2025

E se il tuber è un prodotto naturale, per Langhe e Roero è alla base di un indotto che porta molte ricadute economiche, se si pensa che da solo regge la manifestazione cardine del territorio: la Fiera del tartufo. Va da sé che la carenza di tartufi è una preoccupazione non da poco. Per Stefano Mosca, direttore dell’ente Fiera, «le aspettative erano alte, il clima è stato favorevole e l’inizio della stagione buono».

La stagione più breve di sempre: il tartufo nel 2024 è sparito e tutti si interrogano sul perchéPoi qualcosa si è inceppato di colpo nei ritmi della natura: «Non ce lo aspettavamo. Partendo dal presupposto che ora non abbiamo una vera spiegazione, mi sento di fare due considerazioni». La prima: «È necessario incrementare sempre più la ricerca scientifica, per capire come fronteggiare l’emergenza. Per tale motivo, auspico che al Centro studi tartufo arrivino più risorse. E credo sia il momento di pensare in modo molto serio alla manutenzione dei boschi, preservandoli da abbattimenti sconsiderati. Inoltre, vanno messe a dimora nuove piante a vocazione tartufigena».

La seconda considerazione è di tipo turistico: «Pur non essendoci ancora i dati completi, sembra che – nonostante la penuria di prodotto – arrivi e presenze siano stati comunque positivi nella fase conclusiva della Fiera. Forse è stata registrata una piccola flessione per quanto riguarda gli escursionisti giornalieri. Immaginiamo che, con l’abbondanza di tartufi, i movimenti sarebbero stati ancora migliori. In ogni caso, la manifestazione oggi ha un enorme palinsesto, in grado di attirare le persone anche al di là del tuber».

Il 2024, in ogni caso, lascerà un segno: «La lezione di quest’annata sarà da spunto per il tema e l’immagine della prossima Fiera», anticipa il direttore Stefano Mosca.

Anche gli istriani si sono riforniti in Langa

Tino Marolo, presidente dell’associazione Tartufai rocche del Roero, commenta: «La stagione è terminata la terza settimana di novembre: in seguito, c’è stato qualche ritrovamento sporadico di piccoli esemplari. Se dovessi dare una definizione, direi che l’annata è stata a dir poco altalenante».

La visione del trifolao non cambia rispetto a quella degli altri esperti: «L’inizio è stato un po’ in sordina. Poi, a fine ottobre, è stato raggiunto l’apice. Da lì in avanti, abbiamo assistito a un calo progressivo. Pensare che, di solito, i tartufi migliori si trovano tra novembre e dicembre. Direi che, in ogni caso, è andata molto meglio rispetto all’anno scorso».

Secondo Marolo, «è già il momento di pensare alla prossima stagione; in questo periodo è necessario procedere alla pulizia dei terreni delle tartufaie». E le condizioni meteorologiche sembrano essere a favore, anche se il 2024 dimostra che è meglio non parlare con troppo anticipo: «Il clima per ora è buono, nonostante il fatto che continuiamo a non vedere la neve. Per il tartufo sarebbe l’ideale: l’acqua si scioglie poco alla volta e penetra nel terreno lentamente. Alla fine, nell’ultima annata, le piante hanno risentito della siccità degli anni precedenti»

Conclude il cercatore: «Oggi stiamo cavando a iosa il nero invernale, il Tuber brumale. Lo si trova nei noccioleti e, seppur abbia un valore commerciale pari a zero, ci permette di divertirci e allenare al meglio i cani».

Andrea Rossano della Tartufingros, commerciante di tartufi e ideatore della Fiera di Vezza, chiosa: «Sono state cavate grandi quantità con esemplari belli, ma è stata la stagione più corta della storia. Il tempo della raccolta, da tre mesi si è ridotto a uno e mezzo. Oltre al clima vanno considerati altri fattori, come l’uso massiccio di pesticidi che, infiltrandosi in profondità nel terreno, influiscono negativamente sulla crescita dei tartufi».

E aggiunge: «Oltre al Piemonte, è stato trovato qualcosa soltanto in Molise. Per il resto, il nulla: esempio emblematico è il fatto che pure gli istriani si siano riforniti da noi». Rossano concorda sulla necessità di impiantare nuove tartufaie per sopperire alla situazione critica: «La Regione sta preparando carte in scala uno a cinquantamila sulle zone a vocazione tartufigena. Ritengo sia un’azione meritoria, così come lo spostamento della data di ricerca al 1° ottobre».

E conclude: «Bisogna anche avere il coraggio di vietare la commercializzazione del Tuber magnatum Pico prima di quella data: in troppi ristoranti e locali viene ancora proposto, con la solita scusa inverosimile che provengono dalla Liguria».  

 Davide Barile

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