
LA STORIA Per i grandi scrittori delle nostre terre, i corsi d’acqua sono stati fonte di ispirazione e teatro di diversi racconti. Manca però una descrizione particolareggiata dell’ultimo cinquantennio: a fornirla potrebbero essere i diari di pesca di Carlo Cantamessa, sessantasettenne di Govone che, per decenni, ha frequentato le rive del Tanaro ogni giorno, prendendo appunti senza sosta.
«Oggi è cambiato tutto», racconta, «nel nostro fiume, come nel Po e nel Ticino, c’erano più pesci che acqua. Dalla mia casa natia, il Tanaro distava circa un chilometro, da bambini ne approfittavamo per fare un bagno con il sapone. Iniziai a pescare con mio padre all’età di sei anni con la bilancia: si tratta di una pertica di cinque metri con una sacca, da lasciare una trentina di secondi in ogni punto, preferibilmente dove l’acqua è torbida. Dopo il matrimonio cominciai a pescare nella zona di Alba e a usare la canna. Facevo parte di un circolo di pesca e disputavamo gare».
Nei suoi ricordi ci sono personaggi mitici, «in corso Piave c’era il negozio di pesca di Piergiorgio Biglino, meglio conosciuto come Pedro Pescador. Mentin padre e figlio erano gli unici autorizzati a pescare con la barca, autentici mestieranti. Anche nella stagione fredda, era difficile trovare posto sulle sponde: oltre alla gente del posto arrivavano torinesi e milanesi».
In gioventù, Carlo ha conosciuto un Tanaro diverso: «L’acqua era pulita, l’inquinamento è arrivato nel 1969 con la costruzione degli scarichi della Miroglio e della Ferrero. La situazione è parzialmente migliorata dopo l’edificazione del depuratore. Sono spariti i cavedani e le alborelle, divorate dai cormorani migrati dopo la prima guerra del Golfo. Barbi e carpe, pesci grufolatori che stanno sul fondo, sono in parte sopravvissuti ma sostituiti da specie aliene».
Quasi tutta la ghiaia presente nell’alveo «è stata rimossa, ormai il Tanaro è rimasto un canale di scolo che scorre su vene di tufo, privato di flora e fauna originari. Ho iniziato a diradare le mie uscite negli anni Ottanta, quando scoprii di essere allergico ai vermi da pesca. Poi, non essendoci, più pesci, ho smesso: ora vado alcune volte l’anno al mare».
Il Tanaro, tuttavia, è ancora in grado di riservare sorprese: «Alcune settimane fa, mentre passeggiavo con mia nipote lungo uno dei pochi ghiareti rimasti, ci siamo imbattuti in gusci di vongole. Facendo qualche ricerca, ho scoperto che sono una specie asiatica, arrivata dalle nostre parti da chissà dove».
Davide Barile
