
SANTA VITTORIA Prosegue la mobilitazione, per il terzo giorno, dei lavoratori della Diageo, affiancati dai sindacati. Oggi, 28 febbraio, a scioperare è il personale del reparto confezionamento e qualità, il corpo centrale dello stabilimento, che conta più di 130 dipendenti. Il presidio di fronte alla sede della multinazionale era composto da circa un’ottantina di operai e impiegati, fiancheggiati da Livio Gallarato della Fai Cisl, Alberto Allemandi di Flai Cgil, Luca Botta della Ugl e Valter Rosso di Uila Uil.
La strategia di sciopero adottata segue la modalità a scacchiera: martedì 26 e ieri, mercoledì 27, l’astensione dal lavoro aveva coinvolto rispettivamente il reparto cantine e i dipendenti del comparte Move, della logistica.
Alberto Allemandi ha spiegato che «malcontento e frustrazione sono dovute al fatto che abbiamo una trattativa da condurre a termine entro il 26 di maggio. Sono passati tre mesi e di concreto abbiamo visto pochissimo. Dopo la notizia della chiusura indetta dell’azienda il 26 novembre, abbiamo aspettato due mesi per avere un piano sociale che all’inizio era vuoto». Il rappresentante di Flai Cgil ha sottolineato come l’azione di temporeggiamento da parte della multinazionale abbia sottratto tempo importante alle trattative.
Le parole del sindacalista Alberto Allemandi (Flai Cgil) e Livio Gallarato (Fai Cisl):
«In queste giornate abbiamo avuto una totale adesione alle mobilitazioni messe in atto», ha dichiarato Livio Gallarato. «La decisione dell’azienda non ha ragione di esistere. La Diageo è sanissima, ha ottimi utili e i lavoratori hanno sempre rispettato quanto a loro richiesto», ha proseguito.
Il sindacalista di Fai Cisl ha annunciato ulteriori scioperi se il 5 marzo, all’incontro che si terrà nella sede di Confindustria, l’azienda non porterà contenuti concreti. Gallarato ha anche riferito la prossimità di una riunione in Regione con il presidente Alberto Cirio, che ha avanzato l’ipotesi di mettere mano a fondi europei nel caso in cui emerga un compratore. «Cerchiamo di fare affidamento a tutte le cariche che possono essere più incisive con la voce. Noi la nostra voce la stiamo facendo sentire e non ci fermeremo qua», ha concluso.
Matteo Grasso
