
BAROLO La Corte d’appello di Torino dà ragione a tre risparmiatori di Barolo che incassano 193mila euro grazie a quattro buoni postali acquistati tra il 1990 e il 1991.
La sentenza torinese arrivata nel dicembre scorso ribalta la decisione del Tribunale astigiano che aveva respinto la richiesta a favore di Poste italiane ponendo fine a una vicenda nata leggendo tra le pagine di Gazzetta d’Alba un altro caso simile.
I risparmiatori, titolari di quattro buoni da 5 milioni di lire della serie P e non della Q (come riconosciuto da Poste italiane), che prevedevano rendimenti maggiori, hanno notato delle irregolarità nella riscossione finale dei buoni vedendosi corrispondere 112mila euro. Affidandosi allo studio dell’avvocato Alberto Rizzo e al collega Fabio Scarmozzino di Torino avevano portato alla sbarra l’ente.
«Dopo la decisione del Tribunale di Asti, propongo ai miei clienti di appellare la sentenza ed ecco il colpo di scena», spiega l’avvocato Rizzo.
Uscita vittoriosa dal primo grado di giudizio, Poste aveva comunque riconosciuto i suoi errori corrispondendo ai tre risparmiatori oltre 193mila euro di sua spontanea volontà, prima del processo di Torino che ha poi dato ragione ai risparmiatori condannando Poste anche al pagamento dei due terzi delle spese.
Alla base della contestazione la presenza di un timbro con una generica indicazione posto solo sul resto del buono: «I tassi sono suscettibili di variazioni successive a norma di legge. L’ammontare degli interessi è soggetto alle trattenute fiscali previste alla data d’emissione», senza indicare i nuovi e inferiori rendimenti di Q.
Spiega: «Si tratta di un’importante precedente per le centinaia di migliaia di titolari di buoni postali che in questi anni, passati i 30 anni dalla sottoscrizione, ottengono importi inferiori. Pertanto i possessori di buoni emessi dopo il giugno del 1986 possono far controllare questi titoli».
Aggiunge Rizzo: «È importante informare tutti i titolari di buoni che riportano solo tale timbro nel retro del loro diritto a farsi corrispondere i maggiori importi dovuti, pari a quasi il doppio di quanto riconosciuto negli uffici postali al momento del rimborso».
e.r.
