
AMBIENTE Ogni giorno nell’ambiente accadono microeventi, incontri invisibili tra piccoli organismi, scambi tra elementi, degradazioni e composizioni, inquinamenti o rigenerazioni. Tutto succede fuori dalla possibilità di monitoraggio e di controllo dell’essere umano, perché la natura svolge i propri processi in maniera silenziosa.
Per questo le microplastiche che infestano i terreni e le acque sfuggono alla possibilità di osservazione: ogni giorno crescono in quantità e a causa dell’elevata dispersione di particelle ammalano gli ecosistemi. Per parlare di queste tematiche mercoledì 7 maggio, nella sede di Vignaioli piemontesi a Castagnito, è in programma un convegno dal titolo “La plastica in vigneto e in cantina: conoscerla e gestirla in modo sostenibile e responsabile”.
L’incontro organizzato dalla rivista Millevigne si svolgerà dalle 9 alle 13 con ingresso gratuito, per informazioni è possibile scrivere a info@millevigne.it o contattare il numero 331-70.15.735.
La conferenza ha come obiettivo quello di riflettere su come i paesaggi di Langhe e Roero, occupati in maggioranza dalla coltura della vite, siano diventati il ricettacolo di enormi quantità di materiale artificiale nocivo, tanto che ora servono sguardi innovativi dal punto di vista culturale e tecnologico per arginare il fenomeno.
Dai legacci ai pali, fino ai teli e ai materiali delle attrezzature per la gestione del sottofila, i tubi, le guarnizioni e gli elementi delle macchine e delle attrezzature enologiche, senza scordare il packaging: tutti oggetti e strumenti che vengono utilizzati nella coltivazione e che rischiano di disperdere plastiche nell’ambiente.

Tra i relatori del convegno del 7 maggio saliranno sul palcoscenico il chimico e divulgatore scientifico Simone Angioni, Luca Nizzetto, ricercatore presso il Norvegian institute for water research e responsabile scientifico del progetto europeo Papillons sulle agroplastiche; Elisa Pellegrini, ricercatrice dell’Università di Udine e Cristina Mocchi, esperta di materiali nel settore alimentare.
Nella seconda parte dell’incontro è prevista una tavola rotonda dal titolo “Modelli di economia circolare e principi di sostenibilità per un uso sostenibile dei materiali in vigneto e in cantina”, dove si parlerà di modelli di sviluppo e delle nuove prospettive di produzione.
I protagonisti presenteranno casi di esperienze virtuose per la gestione della plastica. Interverranno Stefano Amadeo, agronomo e fondatore di Diversity ark; Lucrezia Lamastra dell’Università cattolica del Sacro cuore; il giornalista ed esperto di economia Enrico Sozzetti e Cecilia Rocca, produttrice e consigliera dell’associazione L’anello forte di Monforte d’Alba. Il momento servirà per riflettere in maniera condivisa sulle modalità di cura dei vigneti, che sembrano impattare sempre di più sulla salute collettiva.
Un altro fenomeno attualmente riscontrabile sul territorio è quello del cosiddetto land grabbing, cioè l’espansione di ettari vitati a discapito dei boschi. Se nella bassa Langa questo processo appare ormai ubiquitario (sono infatti pochi gli alberi rimasti), in alta Langa negli ultimi anni si assiste alla crescente sparizione degli ecosistemi spontanei e alla parallela installazione di vigneti – principalmente votati alla coltura dei vini bianchi.
Al fenomeno si è interessato anche il tecnico di Arpa Piemonte Enrico Rivella.
Marta Andolfi
Per dissolversi completamente possono impiegare oltre 100 anni
L’INTERVISTA Alessandra Biondi Bartolini è direttrice scientifica della rivista Millevigne.
Anche le vigne di Langhe e Roero sono interessate dal fenomeno della dispersione delle plastiche?
«In viticoltura si utilizzano molti oggetti di plastica. Il loro recupero è difficile, mentre più facile risulta la loro dispersione. Un esempio? I fili per legare i tralci, gli shelter (tubi di protezione per piante appena messe a dimora), i teli. Talvolta questi oggetti vengono trinciati, oppure interrati e col tempo poi si dissolvono, spargendosi nel suolo e infestandolo».
Cosa accade a questo punto?
«Le sostanze si assottigliano, diventano sempre più piccole, ma per dissolversi in maniera completa possono impiegare anche centinaia di anni. In altre parole, non degradano completamente. L’accumulo di queste microplastiche fino a poco tempo fa era considerato dall’opinione pubblica e dalla comunità scientifica un problema soprattutto per lo stato di salute dei mari e delle acque in generale, oggi scopriamo che anche la terra patisce in maniera intensa».
Come possiamo intervenire per arginare o rendere reversibile il fenomeno dell’inquinamento dei terreni?
«Difficile pensare di poter recuperare questi elementi dall’ambiente, mentre appare possibile sostituire i materiali plastici con alcune soluzioni alternative, per esempio plastiche biodegradabili. Si tratta di sostanze in grado di dissolversi, il polimero che le costituisce scompare nell’arco di due anni. Il problema fondamentale è che la plastica oggi ci serve, rappresenta un materiale molto utilizzato ed efficace, dagli usi molteplici e flessibili nel quotidiano e nel settore industriale. Non è pensabile una rinuncia totale a questa materia, ma serve escogitare modalità diverse relative a
produzione e uso, oltre a predisporre studi attenti e approfonditi sui possibili effetti di particelle artificiali assorbite dall’organismo umano. Il 7 maggio durante il convegno approfondiremo le problematiche e le opzioni alternative esistenti, in modo da creare una buona base di conoscenza e processi di sensibilizzazione in grado di invertire la rotta».
Marta Andolfi
