
VINUM Era mercoledì 2 marzo 1977: sulle pagine di Gazzetta d’Alba, Fiorenzo Revello, presidente dell’ente Manifestazioni albesi, annunciava: «Per venire incontro alle esigenze commerciali della zona, la Pro loco di Alba insieme con la Camera di commercio di Cuneo, la Regione e altri enti e organizzazioni di categoria, istituisce una manifestazione promozionale denominata “Fiera del vino di Pasqua”, che si terrà dal 6 all’11 aprile». Come spiegava l’articolo, «vuole essere una grandiosa mostra-mercato, altamente qualificata, riservata ai produttori vinicoli, i quali potranno trattare direttamente con operatori economici della piccola e grande distribuzione, oltre che con privati».
Il luogo scelto per l’antesignana di Vinum fu il palazzo Miroglio. Un primo spazio, al piano terra, era dedicato a una «parte didattica illustrativa» con cartelloni sulle zone geografiche delle Doc, dati di produzione, albo vigneti, «realizzazioni promozionali e culturali della zona». La restante parte del salone era dedicata alle degustazioni, mentre il piano superiore era «destinato a sala contrattazioni, oggetti promozionali e cartellonistica illustrativa».
Vino in abbinamento a moda, auto, sport
Come Giacomo Oddero, all’epoca alla guida della Camera di commercio, spiegò nel 2006 a Gazzetta, la Fiera del vino di Pasqua nacque per colmare il vuoto lasciato dal progressivo abbandono della tradizionale Fiera di maggio. La prima edizione partì al Venerdì santo, con il beneplacito di don Mario Mignone che scherzosamente disse: «Basta che ci sia anche un vino buono da Messa». Prima di trasformarsi in Vinum, si arricchì ogni anno di un tema diverso, da “Il vino e la moda”, con sfilate organizzate grazie alla collaborazione di Miroglio e Beppe Modenese, a “Vino e cultura”, con un lavoro di ricerca sulle citazioni letterarie dedicate alla Barbera, fino a “Il vino dei grandi uomini” e “Il vino e lo sport”, in cui il Barolo fu affiancato alla Ferrari in una sfilata motoristica. Nel ricordo di Claudio Rosso, figlio di Gigi, «Oddero diventa presidente della Camera di commercio nel 1976. L’anno successivo immagina due manifestazioni. La Fiera dei vini di primavera di Alba, antesignana di Vinum, e un’altra dedicata ai formaggi, a Cuneo. Quest’ultima si sposterà a Bra e, grazie all’Arcigola e Slow food, originerà Cheese».
All’epoca «il consumo locale era fortemente indirizzato su vini, come il Dolcetto, che si imbottigliavano intorno a Pasqua. Nel logo originario c’era la rondine, simbolo della primavera. Era vista come una bella festa nel periodo pasquale e il pubblico proveniva soprattutto dalle città della Granda. Dopo alcuni anni, la manifestazione si trasferì nel palazzo mostre e congressi appena costruito. Mio padre guidava Alba manifestazioni, la Pro loco dell’epoca. Nel 1979 aprì la sua cantina e nel 1983, grazie alla legge regionale in materia, nacque l’ente Turismo: Zanoletti gli chiese di presiederlo».
Un gruppo di albesi molto attivi e lungimiranti
Riguardo alle origini di Vinum, aggiunge: «Era un’epoca in cui, ad Alba, c’era un gruppo attivo capitanato da Renato Ratti e, dal lato istituzionale, da Oddero. Ratti fu il presidente del consorzio di tutela del Barolo e mio padre, qualche anno prima, aveva elaborato i disciplinari e partecipato alle pubbliche audizioni. Barolo e Barbaresco ottennero la Doc nel 1969, le altre principali della nostra zona ci arrivarono nel 1974. Vent’anni dopo, il certificato giunse pure per la Doc Langhe».
La tracciatura dei confini della denominazione ha risvolti curiosi: «Un versante di Roddino stava per essere inserito nella zona del Barolo, ma il prete dissuase i parrocchiani dal procedere. Vedeva più un carico di burocrazia che un’opportunità. Viceversa, a Cherasco, il proprietario di una tenuta che aveva vigneti al confine con La Morra chiese e ottenne di essere inserito. C’è poi il caso di Alba, che produce in una parte del territorio il Barbaresco ma non il Barolo. La collina della Bernardina poteva entrare a farne parte, ma alla fine i proprietari decisero di no. Conservo vecchie bottiglie di Barolo, precedenti alla Doc, prodotte lì. Lo dissi a Ceretto quando stava per comprare la tenuta: mi intimò di non dirlo in giro per evitare un aumento del prezzo».
Davide Barile
