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Intervista / Dal Cocito ad Amsterdam: chi è Giulio Pavesi, fondatore di Termzy Ai

Lo strumento permette di accedere ai siti Web con più consapevolezza

Intervista / Dal Cocito ad Amsterdam: chi è Giulio Pavesi, fondatore di Termzy Ai
Giulio Pavesi

di Matteo Grasso

L’INTERVISTA – Stai navigando tranquillamente in rete, quando compare un avviso che ti chiede: «Accetti termini e condizioni?». Annesso c’è un papiro fittissimo che nessuno ha mai voglia di leggere. Eppure, dare ascolto alla pigrizia può essere rischioso: spesso si accettano condizioni svantaggiose, oppure si presta il proprio consenso alla vendita di dati personali a terzi.

È in momenti come questo che entra in gioco Termzy Ai. Si tratta di una nuova estensione del browser che sfrutta l’intelligenza artificiale per analizzare in modo automatico questi contratti virtuali. L’idea arriva da Amsterdam, ma ci è più vicina di quanto sembri. Tra i cofondatori c’è un giovane albese di 23 anni. Si chiama Giulio Pavesi, è un ex studente del liceo Cocito e attualmente frequenta l’università nella città olandese. È iscritto a due facoltà: una in scienze sociali e comportamentali, l’altra in scienze umanistiche. Lo abbiamo intervistato in modo da conoscerlo un po’ di più.

Intervista / Dal Cocito ad Amsterdam: chi è Giulio Pavesi, fondatore di Termzy Ai 1

Quanto è stato importante il liceo albese?

«Ho un bellissimo ricordo del Cocito. Nonostante il sistema scolastico italiano sia spesso ancorato a metodologie tradizionali, apprezzo l’approccio della dirigente Anna Viarengo. Vedo che, con iniziative innovative, sta cercando di modernizzare la didattica, orientandola verso una scuola che segua la crescita emotiva e relazionale degli studenti, oltre a quella puramente nozionistica – un po’ sul modello nord-europeo. In questi giorni si parla dell’ipotesi di accorpamento con il liceo Govone: temo che, qualora si realizzasse e ci si affidasse a una dirigenza più conservatrice, ciò possa compromettere il lavoro già avviato al Cocito sotto la sua guida».

Come sei finito a studiare ad Amsterdam?

«Ho scelto questa città perché è un contesto multiculturale, con 170 nazionalità diverse. Ci sono tante opportunità legate al mondo digitale ed è un grande ecosistema di innovazione. L’università ha un approccio pratico. C’è un’atmosfera serena, che ti dà il piacere di partecipare con entusiasmo. Gli insegnanti ci conoscono per nome e ci chiedono spesso di esprimerci, soprattutto tramite progetti di gruppo in cui bisogna difendere la propria idea. Un’esperienza all’estero non può che essere stimolante, ma Alba resterà sempre nel mio cuore».

Come è nata Termzy Ai?

«L’idea era già annotata nei miei appunti. L’occasione per la sua realizzazione si è verificata durante un corso del terzo anno. Ci era stato assegnato un lavoro di gruppo: la consegna chiedeva la costruzione di un progetto che utilizzasse l’intelligenza artificiale per risolvere un problema della società».

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Di cosa si tratta?

«È un’estensione del browser che si può installare con un clic. Durante la navigazione, riconosce se ti stai registrando a una piattaforma; davanti al classico box che ti richiede di accettare termini e condizioni, propone la scansione automatica del sito Web. Esamina e valuta il documento tramite un’analisi testuale che si focalizza sugli elementi tematici e sulle principali criticità. Fornisce anche una valutazione visuale, servendosi di indicatori che assegnano un voto complessivo ai diritti degli utenti, alla tutela dei dati e alla trasparenza nell’uso delle informazioni. C’è anche un sistema di colori che va dal verde al rosso, in grado di fornire avvertimenti sull’affidabilità del sito».

Cosa immagini per il futuro di Termzy Ai?

«Il nostro obiettivo è rendere lo strumento interamente gratuito e accessibile a tutti. L’intelligenza artificiale può commettere degli errori, quindi è necessario ottimizzarla. Inoltre, vorremmo ampliare il ventaglio di lingue, perché ora l’output è solo in inglese. Attualmente, Termzy Ai è in versione beta e la risposta degli utenti sarà fondamentale per perfezionarlo».  

«Accetta termini e condizioni»: ogni volta si firma un contratto

Torniamo al bivio da cui eravamo partiti. Per consentire l’accesso a un sito Web, spesso c’è un box che chiede un pedaggio: accettare termini e condizioni. Dare la propria autorizzazione senza approfondire è la soluzione più sbrigativa. Di mezzo, però, c’è a tutti gli effetti la firma di un contratto.

Giulio Pavesi spiega: «Molti utenti non sanno che, registrandosi a siti Web, stanno dando il consenso alla vendita dei propri dati personali a terze parti, esponendosi a rischi come lo spam». Spesso si accettano condizioni anche piuttosto svantaggiose. Pavesi prosegue: «Si parla di dati sensibili ceduti a broker, oppure di diritti d’autore consegnati inconsapevolmente, per esempio ai social network. Aziende miliardarie propongono limiti di rimborso ridicoli, come 100 euro simbolici per qualsiasi danno subito». Si tratta di un problema che non viene percepito come tale. Pavesi continua: «Se questi contratti venissero spediti ogni volta tramite posta elettronica, probabilmente chiederemmo un parere ad amici, parenti, o, meglio, a un avvocato. Invece passano in sordina».

Termzy Ai nasce proprio per accendere un campanello di allarme. Il cofondatore conclude: «Il nostro obiettivo è cercare di renderla il più accessibile a tutti, affinché aumenti la consapevolezza generale in merito a questo tema. Sicuramente non sostituisce un consiglio legale, ma rende comprensibili, con un linguaggio semplice e accessibile, contratti che di solito nessuno legge. Se si forma una coscienza collettiva in merito al problema, le aziende si ritroveranno costrette a cambiare approccio e quindi a fornire condizioni migliori».

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