
AGRICOLTURA – «Sarà un autunno caldo, diciamo pure rovente. Abbiamo alle spalle due annate difficili, il prezzo delle uve sarà fermo, non si esclude in ribasso, si parla addirittura di non ritiro da parte di aziende speculatrici, mentre le spese nelle ultime stagioni sono aumentate del 25 per cento. In questa situazione, nessun viticoltore può dirsi al sicuro, tantomeno chi “fa da magazzino” all’industria. Consentire “superi” al 20 per cento è una follia, la totale instabilità della politica americana sui dazi impedisce di fare programmazione, si sta scherzando con il fuoco, tutto il comparto, ed in particolare i produttori, si trova esposto a rischi elevatissimi. Il “pegno rotativo” attivato dalla Regione Piemonte permette di pagare il saldo della produzione dell’anno scorso, dà un po’ di ossigeno fino a Natale, dopo di che molte aziende si troveranno in seria difficoltà e potrà accadere di tutto».
È il quadro tracciato da Claudio Conterno, presidente provinciale di Cia Agricoltori italiani di Cuneo, a poche settimane dall’inizio della vendemmia 2025.
«Bisogna avere il coraggio di prendere delle decisioni radicali – continua Conterno –, l’incertezza e le mezze soluzioni non faranno che aggravare la situazione. I “superi” andrebbero riportati a una quota fisiologica del 2-3 per cento in tutta Italia, per poi lavorare sulle rese, avendo la lucidità di riprogrammare la produzione là dove è necessario, perché non si può avere la botte piena e la moglie ubriaca e poi pretendere anche che la Regione a fine stagione ci metta una pezza. Sono temi che non possono più essere ignorati, lo diciamo da tempo, non aspettiamo di arrivare al capolinea per accorgerci che la corsa è finita».
A parlare, nel dettaglio del Moscato, è il produttore Davide Paracchino di Santo Stefano Belbo: «Gli agricoltori dovrebbero organizzarsi – osserva Paracchino –, unirsi, essere loro a dire l’ultima parola sul prezzo delle uve. Invece, finisce sempre che si dividono, si fanno concorrenza tra loro, danneggiando il comparto produttivo. Un esempio? Accettare di mettere sul mercato i “superi” al 20 per cento è un autogol pazzesco. Sono uve che non renderanno niente e che andranno a produrre Moscato spumante che farà concorrenza diretta al Moscato d’Asti Docg e all’Asti Docg. Non importa se la legge consente di commercializzarli, i “superi” dovrebbero restare in vigna, gli agricoltori non dovrebbero prestarsi alle speculazioni, come, invece, purtroppo fanno».
Nel frattempo, incombe anche la questione del personale per la vendemmia: «Le cooperative che gestiscono i lavoratori stagionali – dice Paracchino – chiedono 18 euro all’ora, più Iva, si calcola che per vendemmiare un ettaro si spenderà intorno ai 2.000/2.300 euro, ma non è l’unica mazzata. A causa dei ritardi della burocrazia sulla Carta dei suoli, due mesi fa abbiamo potuto prelevare il gasolio solo ad acconto, così che, oggi, al saldo, ci ritroviamo il prezzo aumentato da 80 centesimi a un euro al litro!».
Altro nodo critico è la retroattività delle nuove norme regionali sul riconoscimento delle superfici produttive: «Togliere i “bollini” alle vecchie vigne perché si è deciso che un metro e mezzo di capezzagna non rientra più nella superficie vitata è assurdo. Le nuove regole – sostiene Paracchino – andrebbero applicate ai nuovi impianti, non a quelli che la stessa Regione ha sempre autorizzato. Se passa questo principio, allora dovremmo aspettarci che ci chiedano indietro anche la Pac?».
Infine, resta aperto il capitolo della promozione del Moscato, che secondo Paracchino manca di una visione condivisa: «Si fatica a fare squadra – rileva –, di fatto le azioni di pubblicità e marketing del prodotto sono quasi esclusivamente a carico del Consorzio. A parte rare eccezioni, le grandi aziende del settore non puntano sulla promozione del Moscato, per cui molta potenziale visibilità va persa. Sarebbe l’ora di allargare la zona di imbottigliamento dell’Asti e del Moscato nelle regioni confinanti al Piemonte».
Davide Paracchino è un giovane produttore che, dopo aver lavorato come dipendente, ha deciso quattro anni fa di avviare una propria azienda vitivinicola. Oggi, però, si scontra con una realtà diversa dalle aspettative: «Il passaggio generazionale – afferma con amarezza – è ancora ben lontano dal realizzarsi. Chi comincia da zero va incontro a difficoltà enormi. Se il futuro dovrebbe essere dei giovani, stiamo andando verso la fine dell’agricoltura, per colpa di eccessive spese, burocrazie e regole che non tutelano l’agricoltore».
Redazione
