
di Andrea Olimpi
CRONACA – La Global Sumud Flotilla diventa realtà con la partenza delle prime navi da Barcellona e da Genova. È un coordinamento internazionale di volontari, associazioni non governative e civili che intende rompere il “blocco imposto da Israele” all’accesso via mare alla Striscia e portare aiuti al popolo palestinese. È stata definita la più grande iniziativa indipendente degli ultimi anni per consegnare cibo e beni essenziali a una popolazione stremata dall’assedio e dalla chiusura dei corridoi umanitari.
La Global Sumud Flotilla (GSF) è infatti la più grande missione marittima civile organizzata per rompere l’assedio illegale di Israele su Gaza. Coordinata da attivisti di base, marinai, medici, artisti e volontari solidali provenienti da oltre quaranta Paesi, la flottiglia è una missione umanitaria non violenta in risposta al genocidio e all’assedio in corso contro il popolo palestinese.
LE PARTENZE DA BARCELLONA E GENOVA
Sono 20 le imbarcazioni salpate da Barcellona tra gli applausi di oltre cinquemila persone. A bordo, tra gli altri, anche l’attivista Greta Thunberg. Dal porto di Genova invece è partito un carico di 300 tonnellate di alimenti e medicinali, raccolti grazie all’impegno di Music for Peace e dei portuali del Calp.
Una nave e diversi camion trasporteranno il materiale fino al porto di Catania, dove sarà imbarcato sui natanti italiani della flottiglia.
La città di Genova ha accompagnato la partenza con una fiaccolata imponente: circa 40mila persone hanno acceso candele, torce e smartphone per le strade del centro, salutando simbolicamente il convoglio diretto in Sicilia. Un fiume di luci ha illuminato la notte ligure per dire basta al massacro di civili a Gaza e augurare “buon vento” alla missione. «Siamo umani e dobbiamo restare umani», ha dichiarato Stefano Rebora, presidente di Music for Peace.
Il 4 settembre altre navi partiranno da Tunisia, Grecia e Sicilia. Tutte si ritroveranno in mare aperto e in acque internazionali per affrontare insieme la traversata verso Gaza. In totale, la flotta conterà una cinquantina di imbarcazioni e circa 500 partecipanti da 44 Paesi: attivisti, politici, medici e volontari.
LA PORTAVOCE DI GLOBAL SUMUD FLOTILLA ITALIA, MARIA ELENA DELIA

A guidare la rappresentanza italiana c’è Maria Elena Delia, torinese, fisica di formazione, project manager e insegnante. Nei giorni scorsi ha coordinato la raccolta e la partenza degli aiuti: «Un’Italia bellissima – racconta – ha risposto con una generosità incredibile. In cinque giorni abbiamo raccolto così tanti beni alimentari da dover cercare nuovi spazi. E tutto questo grazie a volontari arrivati persino dall’Umbria e dalla Sardegna».
La Delia non è nuova a queste battaglie. Ha svolto attività di volontariato in diversi Paesi del mondo, seguendo progetti sullo sviluppo del territorio e sulla tutela dell’infanzia. È stata tra i fondatori del Movimento Free Gaza, ha coordinato la Coalizione Freedom Flotilla in Italia ed è membro del consiglio di amministrazione della Fondazione Vittorio Arrigoni, impegnata in iniziative umanitarie in Italia e all’estero. Oggi dedica gran parte della sua vita alla difesa dei diritti dei palestinesi.
Non sarà sola. A bordo delle navi ci sono anche altri piemontesi, provenienti da diverse province, compresa quella di Cuneo. I loro nomi non sono stati resi pubblici, ma la loro presenza conferma quanto il nostro territorio sia vicino a questa causa.
Il viaggio resta carico di incognite. La marina israeliana in passato ha fermato e sequestrato imbarcazioni anche in acque internazionali. «Non siamo eroi – ammette Delia – è normale avere paura. Ma ci sono momenti della storia in cui non ci si può tirare indietro. Quello che accade a Gaza va oltre ogni paura personale».
LA POSIZIONE DEL GOVERNO ISRAELIANO
Il ministro della Sicurezza Nazionale, Itamar Ben-Gvir, ha dichiarato che gli attivisti arrestati saranno trattati come terroristi, detenuti in regime di detenzione prolungata nelle carceri di Ketziot e Damon, strutture solitamente riservate a prigionieri di sicurezza. A loro saranno negati privilegi come televisione, radio e cibo speciale: «Non permetteremo a chi sostiene il terrorismo di vivere nell’agiatezza». Le imbarcazioni partecipanti alla flottiglia saranno confiscate e destinate alle forze dell’ordine israeliane, che considerano il sequestro legale in quanto la missione viene ritenuta una violazione del blocco navale e una provocazione politica.
Alle accuse risponde con fermezza Maria Elena Delia: «Noi non ci fermiamo, andremo avanti. Non ci facciamo intimorire perché sappiamo di muoverci nella totale legalità. Siamo cittadini italiani e navighiamo in acque internazionali. Quindi Israele non ha alcun diritto di arrestarci e sequestrare le nostre navi».
La richiesta al governo italiano resta chiara: garantire la sicurezza dei connazionali. «Se dovessero arrivare arresti o persino il carcere duro, mi auguro che il governo intervenga. Chiediamo soltanto di poter portare aiuti a chi ne ha bisogno».
LA RISPOSTA FORTE DEI CAMALLI DEL CALP
Anche i portuali genovesi del Calp hanno alzato la voce: «Se perdiamo contatto con la Sumud Flotilla, bloccheremo l’Europa. Devono tornare indietro le nostre ragazze e i nostri ragazzi senza un graffio. Da questa regione partono ogni anno 13-14mila container diretti in Israele. Non faremo uscire più nemmeno un chiodo». E ancora: «Se noi, per solo venti minuti, perdiamo il contatto con le nostre barche e con i nostri compagni, blocchiamo tutta l’Europa».
IL SENSO DELLA SPEDIZIONE
La Global Sumud Flotilla non vuole soltanto consegnare aiuti, ma lanciare un messaggio forte: riaprire i corridoi delle Nazioni Unite, fermare il blocco, interrompere l’invio di armi e richiamare la comunità internazionale alle proprie responsabilità. «Chiederemo che si interrompa l’invio di armi e che si metta fine al genocidio. Israele non può continuare a usare la fame come arma», sottolinea Maria Elena Delia.
Dal Mediterraneo parte così una sfida che è insieme materiale e simbolica. A bordo ci sono cibo, acqua e medicine, ma soprattutto la volontà di migliaia di persone di non restare in silenzio. In prima fila c’è una torinese e, con lei, un pezzo di Piemonte, deciso a farsi sentire.
