di Lidia e Battista Galvagno
PENSIERO PER DOMENICA – XXV TEMPO ORDINARIO – 21 SETTEMBRE
Ci sono parabole evangeliche che suggeriscono immediatamente un comportamento e una traduzione pratica: pensiamo alla parabola del Buon samaritano: «Fa’ questo e vivrai!». Ce ne sono altre meno immediate, che magari mettono in guardia da comportamenti sbagliati, come quella dell’amministratore disonesto (Lc 16,1-13), che suggerisce un “Non fare questo e vivrai!”. Anche da un caso del genere Gesù trae indicazioni preziose.

Gesù vuole discepoli che sappiano usare la testa! Non vuole discepoli che lo seguano ciecamente, ma persone adulte, capaci di scelte autonome, correndo il rischio anche di sbagliare. «Il padrone lodò quell’amministratore disonesto perché aveva agito con scaltrezza»: tutto il contrario, per esempio, del servo che aveva nascosto il talento per paura. Detto questo, la scelta di campo di Gesù è stata chiara, come emerge dalle parole che seguono la parabola: «Nessun servitore può servire due padroni… Non potete servire Dio e la ricchezza». Meno che meno la ricchezza conquistata in modo fraudolento. Questo ci riporta alla prima lettura.
Dio sta dalla parte dei poveri. È il chiaro messaggio del profeta Amos (8,4-7) un pecoraio e contadino, chiamato da Dio a essere profeta. Egli fa una denuncia molto circostanziata dei diversi modi di opprimere il povero: la speculazione, l’ingiustizia negli affari, la ricerca maniacale di guadagno che approfitta della condizione di indigenza, per «comprare il povero per un paio di sandali». Di fronte a situazioni simili, non si tratta solo di aiutare i poveri, ma di avere il coraggio di stare dallo loro parte, quando sono privati dei diritti elementari e della loro dignità.
Come stare da cristiani nella società civile? Il tema viene affrontato nella 1ª lettera a Timoteo (2,1-8), scritta da un discepolo di Paolo, dopo la morte di questi. Siamo in un tempo in cui i seguaci di Gesù cominciavano a interrogarsi sul modo di stare nella società civile, in particolare sul ruolo di un potere politico che metteva in campo altri valori. In questo testo, che ha ispirato alcune parti del De civitate Dei di sant’Agostino, si legge con chiarezza che il potere politico non deve essere demonizzato (ma neppure divinizzato), perché ha un ruolo preciso: può aiutarci a vivere una vita tranquilla e a perseguire la pace, prevenendo collera e contese, attraverso la giustizia. Questo rientra nel sogno di Dio, che non vuole la guerra, ma vuole che tutti vivano in modo pacifico e dignitoso già su questa terra.
