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Dalla tesi di laurea a un libro: il beato padre Girotti raccontato da don Francesco Colaci

Renato Vai dell’associazione albese dedicata al Domenicano morto a Dachau nel 1945: «presenteremo il libro anche ad Alba, tra novembre e dicembre, appena don Francesco riuscirà a venire da noi».

Il beato padre Girotti raccontato nella tesi di laurea di don Francesco Colaci

di Davide Barile 

LA STORIATutto quello che faccio è solo per carità: è il titolo della tesi di laurea di don Francesco Colaci incentrata sull’albese padre Giuseppe Girotti. Discussa a inizio anno come conclusione del corso di licenza in storia della Chiesa alla pontificia Università della Santa croce di Roma, grazie all’associazione Beato padre Giuseppe Girotti e alle Edizioni Langhe, Roero e Monferrato, è diventata un libro.

Le prime 200 copie

Le prime duecento copie sono arrivate a Cessaniti, paese della provincia di Vibo Valentia dove il sacerdote trentaduenne è nato. Come ha anticipato Renato Vai dell’associazione albese dedicata al Domenicano morto a Dachau nel 1945, «presenteremo il libro anche ad Alba, tra novembre e dicembre, appena don Francesco riuscirà a venire da noi. Era già stato in zona durante la preparazione della tesi. È bello vedere che il messaggio del beato Girotti sia ancora attuale, soprattutto in tempi in cui assistiamo a certi orrori». Nella chiesa di San Giuseppe «abbiamo una copia lignea della Madonna di Dachau scolpita dal bovesano Aldo Pellegrino: ai suoi piedi, abbiamo posto l’elenco degli oltre diecimila bambini uccisi a Gaza».

La santità nei campi di concentramento

Riguardo al suo studio, don Colaci aggiunge: «Mi sono imbattuto nella storia di Giuseppe Girotti quasi per caso, volevo preparare una tesi sulla santità nei campi di concentramento e, con il mio relatore Lukasz Zak, ci siamo imbattuti nella sua figura sfogliando il martirologio cristiano. I lager erano luoghi di disperazione e dolore ma, allo stesso tempo, nella baracca 26 si assisteva alla vita: ogni mattina, i religiosi presenti celebravano la Messa e si confessavano. Ci fu, addirittura, un’ordinazione presbiterale. Quando si parla di campi di concentramento, molte volte non si approfondiscono certi aspetti che ho ritenuto importante far venire alla luce».

Se nelle descrizioni di chi lo conobbe «Girotti è presentato come trasandato e disordinato, alla fine della sua vita si è rivelato essere una persona che ha compiuto la volontà di Dio, ossia aiutare il prossimo. Prima con gli ebrei che salvò, poi con chi aiutò nel lager».

Nel suo lavoro, Colaci indaga «la Positio che portò alla sua beatificazione nel 2014. Ho analizzato l’evoluzione del suo profilo agiografico: Girotti, da santo religioso disposto a rischiare la vita per la fede, è stato in seguito considerato un martire. In fondo, nel campo di concentramento non si moriva di vecchiaia».

Scrivere la tesi «è stato impegnativo anche perché, contemporaneamente, sono stato vicario parrocchiale a Pizzo Calabro. Non smetterò mai di ringraziare Renato Vai e i membri dell’associazione per il supporto che mi hanno dato e per aver dato alle stampe il mio libro. Quando mi è arrivato, l’emozione è stata talmente grande che non sono nemmeno riuscito a sfogliarlo».

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