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La Global Sumud Flotilla a poche miglia dalla “zona rossa”

Tra apprensione, polemiche e scontri politici, l’azione umanitaria va avanti

La Global Sumud Flotilla a poche miglia dalla “zona rossa” 1
Abderrahame Amajou a bordo dell'imbarcazione Paola 1

di Andrea Olimpi

CRONACA – Sono ore di tensione quelle che avvolgono l’azione umanitaria portata avanti con determinazione dal Global Movement To Gaza, con la Global Sumud Flotilla, composta ad oggi da circa 40 imbarcazioni che ospitano circa 500 attivisti, tra rappresentanti della società civile, politici ed europarlamentari di oltre 40 nazioni.

Quella a cui stiamo assistendo è senza dubbio una delle più imponenti e massicce manifestazioni di indignazione e protesta della società civile contro quella che gran parte del mondo considera una feroce ingiustizia nei confronti di una popolazione civile inerme.

Non sono serviti i moniti dei rappresentanti del Governo, che hanno invitato gli attivisti a rinunciare alla missione, né i suggerimenti del Capo dello Stato e del Patriarcato di Gerusalemme, che consigliavano di lasciare gli aiuti in una zona sicura e occuparsi loro della consegna. La missione prosegue. Come annunciato più volte e ribadito con un messaggio di alert a tutta la Global Sumud Flotilla — nel quale, oltre a sconsigliare il prosieguo, si offriva la possibilità di un passaggio per il rimpatrio — hanno fatto marcia indietro le due navi militari italiana e spagnola che, negli ultimi giorni, avevano accompagnato l’intera missione con funzioni di supporto logistico.

La minaccia israeliana

Intanto l’emittente pubblica israeliana Kan ha diffuso un messaggio secondo cui l’esercito israeliano si prepara a prendere il controllo della Global Sumud Flotilla utilizzando commando navali e navi da guerra, affermando che non tutte le imbarcazioni verranno rimorchiate e che alcune potrebbero essere affondate in mare aperto.

Al contrario, l’ultimo comunicato ufficiale del Global Movement to Gaza recita: “La Global Sumud Flotilla è una missione pacifica e nonviolenta che trasporta aiuti umanitari e civili provenienti da oltre 40 Paesi. Ostacolare il nostro passaggio è illegale e qualsiasi attacco o intercettazione costituisce un crimine di guerra. Nonostante questi atti di aggressione, la flotta prosegue il suo percorso con determinazione”.

La testimonianza da bordo di Abderrahame Amajou

In queste ore di forte apprensione abbiamo raggiunto Abderrahame Amajou, imbarcato su Paola 1, per farci raccontare la situazione da chi la sta vivendo sul posto.

“La scorsa notte — ha spiegato Amajou — il capitano ci ha svegliati di colpo: eravamo stati intercettati. In pochi minuti eravamo tutti sul ponte, con il giubbotto di salvataggio addosso, il passaporto in mano e il cellulare pronto a essere lanciato in mare. Il protocollo è chiaro: mantenere il controllo della paura e della rabbia, non rispondere alle provocazioni, non incrociare gli sguardi dei militari. Eravamo immersi nel buio più totale. Attorno a noi pattugliavano vedette con mitragliatrici montate a prua: si muovevano silenziose, a luci spente, sondando il terreno. L’unico mezzo di comunicazione restava la radio, perché a ogni loro avvicinamento i satelliti saltavano e con essi il Wi-Fi. In radio si è parlato di un’imbarcazione ‘svanita nel nulla’: probabilmente un sottomarino. Israele voleva misurare chi aveva davanti. Non è stata usata violenza, e dopo alcune ore le vedette si sono ritirate, a mio avviso tornando in acque israeliane. Noi, invece, continuiamo la rotta verso le acque palestinesi, consapevoli che l’intercettazione non è che questione di tempo”.

La politica italiana e la conferenza stampa alla Camera dei Deputati

Mentre la Global Sumud Flotilla prosegue il suo viaggio, la premier Meloni, a distanza, sposta il focus con un commento dai connotati politici, affermando che “forse le sofferenze del popolo palestinese non erano la priorità” della Global Sumud Flotilla. Alla Camera dei Deputati si è tenuta una conferenza stampa a cui hanno partecipato Fabrizio Cassinelli (Cas), Marco Furfaro (PD), Stefano Patuanelli (M5S), Nicola Fratoianni (SI–AVS), Angelo Bonelli (Europa Verde–AVS), l’On. Elisabetta Piccolotti (AVS), la professoressa Maria Elena Delia, portavoce GMTG Italia, Yazan Eissa, Steering Committee GSF, Maurizio Landini, Segretario generale CGIL, Guido Lutrario, Segretario generale USB, Antonio Amoroso, CUB, Vincenzo Milucci, COBAS, e Riccardo Noury, portavoce di Amnesty International.

Nei vari interventi la critica principale è stata rivolta al Governo: per non avere preso una posizione di supporto concreto all’azione umanitaria e non aver agito nei confronti dell’atteggiamento del governo israeliano.

“Ci aspettavamo di avere un’intercettazione la scorsa notte che non è avvenuta — ha spiegato Maria Elena Delia, portavoce del Global Movement to Gaza — ci sono stati avvicinamenti di imbarcazioni militari che si sono avvicinate alle nostre barche a luci spente, ma non c’è stato contatto, quindi c’è stata un’osservazione ravvicinata che è durata tutta la notte, ma nessun contatto. È molto probabile che questo contatto avverrà nelle prossime ore, perché questo è il protocollo che viene messo in pratica da Israele, lo stesso adottato nelle precedenti missioni della Freedom Flotilla, ma che oggi si trova a dover mettere in pratica non più con una barca, ma con più di 40 barche”.

“C’è una mancanza di rispetto del diritto umanitario internazionale — ha aggiunto Delia — che perdura da decenni e che, negli ultimi due anni, è diventata particolarmente evidente. Ho sentito definire gli attivisti a bordo come ‘irresponsabili’ e ripetere frasi del tipo ‘è il momento della responsabilità, vi potreste fare male’, ma non ho mai sentito chiedere invece perché questi attivisti dovrebbero farsi male in acque internazionali. Perché dovrebbero farsi male a 150 miglia, a 120 miglia, a 100 miglia dalle coste di Gaza, in acque internazionali? Questa è la domanda che dovremmo farci tutti. Ma la risposta è sotto gli occhi: quando c’è Israele di mezzo le regole sembrano non valere più, non vale più l’idea che la legge sia uguale per tutti. Se Israele decide che 150 miglia dalle coste di Gaza sono acque in cui non possiamo entrare, la fregata che il Ministero della Difesa aveva messo a supporto con funzione di soccorso non può intervenire. Perché?”.

“Pensate in che situazione surreale ci troviamo — ha proseguito Delia — se saremo intercettati, arrestati illegalmente — perché sarebbe un atto di pirateria in acque internazionali — incarcerati, espulsi e costretti a firmare un documento che ci costringerebbe a dichiarare il falso, ovvero che stavamo provando a entrare in Israele illegalmente, allora tutto sommato sarà andata bene, vi rendete conto? Viviamo in un mondo in cui questa opzione è la migliore che ci possiamo aspettare, perché non ci saranno feriti o morti. Vorrei che la narrativa fosse riposizionata secondo un ordine di senso e di etica: la domanda non è perché loro continuano a navigare, la domanda è perché non dovrebbero farlo. Quando qualcuno risponderà pubblicamente e con responsabilità a questa domanda, forse le cose potranno iniziare a cambiare”.

Nel suo intervento Yazan Eissa, del direttivo della GSF, ha ripercorso la lunga storia di crimini israeliani commessi con totale impunità e la violazione di diritti, sentenze e risoluzioni, fino al chiaro intento di pulizia etnica e genocidio che molti denunciano. “La sintesi è chiara — ha detto — quando chiediamo di applicare il diritto internazionale ci chiamano terroristi, mentre noi vogliamo solo seguire il principio per cui la legge è uguale per tutti”.

Fronte comune tra le sigle sindacali rappresentate da Maurizio Landini (CGIL), Guido Lutrario (USB), Antonio Amoroso (CUB) e Vincenzo Milucci (Cobas): tutti hanno concordato che, se la Global Sumud Flotilla dovesse essere intercettata, bloccata o, nella peggiore delle ipotesi, posta sotto il fuoco delle armi, la risposta dovrà essere il blocco totale del mondo del lavoro con uno sciopero generale senza preavviso “che riguardi tutte le lavoratrici e tutti i lavoratori di tutti i settori pubblici e privati”. Forse una delle poche occasioni in cui le sigle sindacali si mostrano compatte nel dare la stessa risposta, univoca e determinata.

Chiaro anche l’intervento di Riccardo Noury, che ha rivolto a tutti una domanda semplice: “Chi sta minacciando chi? Un gruppo disarmato e nonviolento che rappresenta la solidarietà globale, o uno degli eserciti più potenti del mondo? Cos’è più imperativo? Fermare la solidarietà o fermare il genocidio?”.

Lo Yom Kippur e l’appello morale

A latere della conferenza stampa romana, fa riflettere il messaggio di David Adler, attivista e coordinatore generale di Progressive International, movimento internazionale progressista imbarcato sulla Global Sumud Flotilla, che ha ricordato come il 2 ottobre si celebri lo Yom Kippur, la festività più sacra del calendario ebraico.

“Se le forze israeliane ci intercetteranno nel giorno dello Yom Kippur — ha scritto Adler — lasciate che vedano a cosa somiglia la vera espiazione. Espiazione significa azione, non stare comodi mentre affami i tuoi vicini, non pregare al sicuro mentre sganci bombe sulle loro teste. C’è un passo che ricordo: ‘giustizia, giustizia, tu dovrai perseguire’. Come possiamo stare fermi mentre lo Stato di Israele perverte questo sacro obbligo sovrintendendo all’olocausto del popolo palestinese? Mi sono unito a questa Flotilla come ogni altro delegato per difendere l’umanità prima che sia troppo tardi”.

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