
di Davide Barile
LA MOSTRA – “Il sogno americano, visioni a pennello” è il titolo della mostra di Sergio Veglio nello spazio di Corso Torino 18. Sarà presentata sabato 18 ottobre alle 18 e resterà visitabile fino a mercoledì 31 dicembre, dal lunedì al venerdì dalle 8 alle 20 e il sabato su prenotazione scrivendo a inf@corsotorino18.it. In tutto, saranno presenti trentotto opere dell’artista classe 1958, torinese con radici nella Langa che, già nell’estate 2023, era stato protagonista con i suoi quadri in un’esposizione in Corso Torino 18.
La prima mostra nel 1990 a Torino
«L’arte americana mi ha sempre affascinato» spiega, «sono diplomato all’istituto di arti grafiche Bodoni e ho iniziato a immergermi nell’iperrealismo alla fine degli anni Ottanta, mi piaceva il fatto di poter far diventare le fotografie delle pitture». La prima mostra di Veglio «è stata nel 1990 a Torino. Sono quasi un autodidatta, ho sempre amato la pittura e l’arte e, da piccolo, mi regalarono le tele e i colori a olio. Mi piaceva pasticciare e cercavo di allontanarmi dall’arte della metà del secolo scorso, fatta di paesaggini che mi hanno mai trasmesso nulla. Con il mio lavoro di grafico ho avuto rapporti lavorativi con i maggiori iperrealisti d’Italia: la svolta arrivò dopo l’incontro con Luigi Rocca, il quale usava le fotografie che stampavo come base per i suoi quadri e, a un certo punto, mi disse di provarci».
Negli anni successivi «ho approfondito le mie ricerche e mi sono allontanato dall’iperrealismo americano cercando di usare il meno possibile l’aerografo prediligendo il pennello. Nelle opere ho cercato di avvicinarmi alla pittura dei macchiaioli o dei puntinisti e il mio lavoro è stato notato da Vittorio Sgarbi durante una mostra collettiva a Taggia».
Da grafico alla pop art
La svolta, per Veglio, arriva nel 2020: «Ho avuto un momento di crisi e depressione molto difficile, avevo capito che il mio lavoro di grafico stava pian piano morendo ed era impossibile continuare. Ho deciso di chiudere la mia azienda, ma notavo che le mie attività non mi permettevano di arrivare a fine mese. Avevo bisogno di qualcosa che trasmettesse felicità e allegria, così ho iniziato a realizzare opere di pop art. Passare dall’iperrealismo alla pop art è il contrario di ciò che dicono i libri di storia dell’arte, ma così è stato per me». I quadri di pop art «sono apparentemente semplici e sembrano quasi ingenui, sono in grado di farti tornare al passato. Ritraggo soprattutto soggetti dei fumetti, campagne pubblicitarie e ultimamente sto inserendo pure alcuni slogan».
Per realizzare i quadri, «parto da un’idea da sviluppare prima con dei disegnini a matita su carta. Al computer cerco di capire quali debbano essere i pesi, le dimensioni e le inclinazioni dei vari elementi, per poi stampare il bozzetto su carta. In seguito preparo la base di gesso e successivamente vi è la stesura a matita. Tutte le mie opere sono dipinte a pennello con colore acrilico: per ottenere l’effetto piatto e senza imperfezioni possono essere necessari anche tre passaggi».
