
L’INCONTRO – “Una coscienza viva” è l’incontro di giovedì 9 ottobre alle 18 dedicato ai cent’anni della nascita di Vittorio Riolfo, al quale parteciperanno Edoardo Borra, Antonio Buccolo, Antonio Degiacomi, Ettore Paganelli, la figlia Marilisa e Giorgio Scagliola, coordinati da Francesca Pinaffo, redattrice di Gazzetta d’Alba. La serata, nella sala del complesso della Maddalena intitolata a Riolfo nel 2016 e da poco ristrutturata, sarà conclusa dal sindaco Alberto Gatto.
Chi era
Riolfo nacque a Cortemilia il 3 agosto 1925; trasferitosi ad Alba a 12 anni dopo la morte del padre, nel 1943 conseguì la maturità magistrale e fu arruolato in un reparto della IV armata in Francia. L’8 settembre, fatto prigioniero dai tedeschi, finì ai lavori forzati nel porto di Marsiglia. Liberato nell’agosto dell’anno successivo in seguito allo sbarco degli Alleati nella Francia meridionale, riuscì a tornare ad Alba solo alla fine delle ostilità.
Nel Dopoguerra divenne dirigente di banca. Fece parte del gruppo dei giovani cattolici albesi riuniti intorno a Natale Bussi; con Ettore Paganelli, futuro sindaco della città, dal ’47 redasse il settimanale Il corriere albese diretto dal fratello Giovanni: fu l’inizio di un’attività pubblicistica destinata a rimanere ininterrotta e intensa per tutta la vita. Vittorio Riolfo, ha scritto Edoardo Borra su Gazzetta del 5 agosto, «mostra subito un talento versatile, iniziando il suo lungo impegno di cronista culturale, oltre che di commentatore (spesso puntualmente ironico) dei fatti politici e amministrativi, sempre con una chiara intenzione progressista e civile».
Le rubriche
Firmando con la sigla Vir scrisse della vita difficile della ricostruzione e si riservò la rubrica Lettere a San Teobaldo che firmava «Il cittadino Masferrer». Nel 1952 il giornale chiuse e Riolfo passò a Gazzetta d’Alba, al quale collaborò dal 1953 al 1954 seguendo l’attualità culturale e dando una sua personale impronta alla cronaca Sotto le torri.
Nel 1955, nella tavernetta dell’hotel Savona, fu tra i fondatori della Famija albèisa; sul mensile dell’associazione, Le nòstre tor, sostenne battaglie per la statale 29 verso Savona, contro l’inquinamento del Bormida, per una maggiore attenzione alla vita culturale e il recupero del patrimonio artistico della città. Sarà tra i promotori del restauro della chiesa di San Domenico e della sistemazione del museo Federico Eusebio in una sede degna. Insieme a Enrico Necade e Antonio Buccolo curerà, tra gli altri, due libri ancora oggi fondamentali per la conservazione della memoria cittadina: Alba un secoloeAlba com’era. La sua guida turistica sulle Langhe rimane ancora oggi un punto fermo nel panorama delle pubblicazioni dedicate al territorio.
Lo stile
La sua chiarezza nell’affrontare con i suoi scritti la vita cittadina, e le sue non sempre lineari evoluzioni, non mancò di causargli anche qualche grattacapo. Nell’ambito della Famija albèisa fu pure tra gli organizzatori del concorso gastronomico Il piatto d’oro; vice di Luciano Degiacomi, collaborò alla nascita dell’Ordine dei cavalieri del tartufo e dei vini di Alba.
Dal 1984 collaborò al settimanale Il Tanaro con articoli vari, ma soprattutto con i corsivi Pane al pane firmandosi Erre. Scrisse per la rivista di studi Alba Pompeia e lasciò un ampio lavoro sulla beata Margherita di Savoia. Morì il 15 settembre 1989.
