di Maria Grazia Olivero
25 NOVEMBRE – Sono soprattutto donne tra i venticinque e i cinquant’anni quelle che chiedono aiuto con maggiore frequenza. Hanno bisogno di essere ascoltate, prese per mano e accompagnate a una nuova vita. Perché l’uomo che ha loro giurato amore le brutalizza, le offende, le picchia, le rinchiude in casa. Loro, le vittime di violenza domestica, si sono rese conto quasi subito di avere sbagliato strada, ma solo poco a poco hanno capito che è possibile reagire, che esiste una rete solidale che può intervenire, leggi che possono difenderle, Forze dell’ordine pronte ad accompagnarle, giornali che spiegano una realtà drammatica per contribuire a sradicarla.
La nascita del Centro antiviolenza Alba-Bra
Per combattere la violenza che pervade la società e si insinua nelle nostre case è nato nel 2021 il Centro antiviolenza Alba-Bra, forte della collaborazione tra i due Comuni, del servizio sociale intercomunale di Bra, del consorzio socioassistenziale Alba, Langhe, Roero e di altre importanti realtà di volontariato. La struttura offre ascolto, supporto psicologico e legale, accoglienza residenziale e percorsi personalizzati per le donne che subiscono violenza. Per accedervi è possibile contattare il numero di emergenza 1522, in modo da ricevere un aiuto immediato in caso di necessità, oppure digitare i numeri 0172-42.07.11 e 0173-36.36.73.
Il ruolo dell’assessora Lucilla Ciravegna
Lucilla Ciravegna è l’assessora delegata del sindaco di Bra a servizi sociali, volontariato, politiche del lavoro, formazione professionale, integrazione e politiche abitative. Per questo motivo, oltre che per la sua attitudine a occuparsi del bene altrui, segue il Centro. Nel servizio per le donne che hanno subito maltrattamenti sono attive alcune assistenti sociali e una rete di numerose associazioni tra cui Mai+sole, il gruppo di Savigliano ben presente anche nell’Albese e nel Braidese. Il rapporto costante con le Forze dell’ordine e con l’ospedale di Verduno consente alla struttura di volgere uno sguardo a tutto campo sulla realtà, attivando importanti sinergie.
Chi si rivolge al Centro?
«Ai nostri recapiti si approcciano decine di donne ogni anno, di qualsiasi estrazione sociale e di diverse nazionalità, comprese le italiane. L’emersione del fenomeno della violenza domestica è in costante incremento, perché le donne hanno maggiore coraggio nel rifiutare le situazioni di oppressione. Noi offriamo loro supporto psicologico, legale e anche abitativo e lavorativo quando la situazione lo necessita», spiega Ciravegna.
Il Centro antiviolenza rappresenta così uno dei punti di approdo per donne segnate nel fisico e nel morale dalle vessazioni maschili, che esistono pure nel nostro microcosmo apparentemente immune, al di là della condizione economica e delle appartenenze etniche o religiose. La persona che subisce i soprusi maschili – e si trova in una situazione psicologica fragile e delicata – viene ascoltata con il massimo rispetto, senza essere forzata ad assumere decisioni immediate. Quando il percorso di uscita dal tunnel viene delineato, valutando le capacità della vittima ad affrontarlo, la sua situazione economica e la capacità di ricominciare a vivere in autonomia, si studiano gli interventi concreti. Perché le donne che cercano il riscatto fuggendo da un compagno violento hanno bisogno di una casa in cui vivere con i figli e di un lavoro con il quale mantenersi, oltre che di assistenza psicologica, medica e legale, offerta gratuitamente in Piemonte.
Le testimonianze degli operatori
Conferma Elena Franchino, assistente sociale del Centro: «Tra la quarantina di casi che seguiamo ogni anno ci sono donne che chiedono aiuto, altre che hanno bisogno dell’assistenza di un avvocato o di un medico, mentre le più sfortunate entrano nel regime di protezione, poiché vivono situazioni pesanti, dalle quali si esce con forza e cautela. Ci sono anche persone che ci segnalano la situazione di amiche o parenti in difficoltà. Noi cerchiamo sempre di tranquillizzare, di parlare, comprendere, fissando un appuntamento per ascoltare il loro vissuto spezzato».
Ancora Ciravegna: «Per quanto sia poco percepibile, il reato di violenza domestica è più diffuso di quanto si pensi. Spesso emerge a causa del ricorso al pronto soccorso da parte di alcune delle vittime. Noi ci prendiamo cura di quelle che chiedono assistenza, mentre anche le Forze dell’ordine intervengono, segnalandoci alcuni casi».
La sfida culturale
E, tuttavia, se la brutalità resiste, c’è una sfida in cui l’assessora Ciravegna crede: quella culturale. Bisogna educare le giovani generazioni, poiché anche fra loro, nelle relazioni di coppia fra adolescenti, incredibilmente cresce la violenza e la gelosia. È dunque importante l’intervento in classe (ma anche in famiglia) per fare comprendere che l’amore è mai possesso dell’altro. «Le ragazze dovrebbero imparare subito a individuare le relazioni tossiche, quelle che controllano gli spostamenti, le amicizie, le frequentazioni».
Dovrebbero imparare la libertà. E le madri dovrebbero insegnarla.
