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Addio a Pier Giorgio Giacchino, storico sindaco di Camerana e attivista in Valle Bormida

Addio a Pier Giorgio Giacchino, storico sindaco di Camerana e attivista in Valle Bormida

CAMERANA Lutto in Valle Bormida per la morte, a 78 anni, di Pier Giorgio Giacchino, per molti anni sindaco di  Camerana e protagonista delle battaglie per la chiusura dell’Acna e la tutela dei dipendenti dell’azienda chimica di Cengio, nella quale aveva anche lavorato. Nella sua lunga attività amministrativa Giacchino è stato anche presidente della Comunità montana Alta Langa, assessore provinciale e presidente dell’Aquedotto delle Langhe e delle Alpi cuneesi. Nel 2013, a Bergolo aveva ricevuto il premio Fedeltà alla Langa.

I funerali si svolgeranno in forma privata come disposto dallo stesso Giacchino.

In ricordo di Pier Giorgio Giacchino riprendiamo l’ultima intervista con Gazzetta d’Alba, pubblicata sul numero dell’11 novembre

Il dramma di un territorio, l’energia della ricostruzione

IL COLLOQUIO – Furono sessanta i miliardi di lire investiti per la messa in sicurezza del territorio dell’alta Langa dopo l’alluvione del 1994, ben 250 nel Cuneese. Ma si trattò anche della prima (e forse unica) semplificazione amministrativa legata alla gestione di enormi fondi pubblici mirati alla ripresa e alla salvaguardia di un intero territorio.

«Il giorno dell’alluvione pioveva come non si era mai visto in Valle Bormida»: inizia così il suo racconto Pier Giorgio Giacchino, in quel frangente sindaco di Camerana e presidente della comunità montana Alta Langa. «Era l’imbrunire. Sentivo che stava avvenendo qualcosa di tremendo e, con il mio animo da cantoniere, perlustravo le strade del mio Comune. Dal cielo scendeva un’acqua inusuale, una sorta di cascata indomabile. Si percepiva un evento fuori dal normale, tanto che in alcune vie pareva già correre un fiume. Ero molto preoccupato per tutta la Comunità montana, 43 Comuni su un territorio di 500 chilometri quadrati. Mi fu chiara da subito la difficoltà a tenere qualsivoglia tipo di collegamento: molta parte della viabilità fu travolta dalla furia del maltempo e delle frane, impedendo di arrivare in numerosi dei nostri paesi. Superai il problema utilizzando una moto da cross – una mia deposta passione –, bonariamente sequestrata a un amico. In questo modo passai 22 giorni di paese in paese, ascoltando e fotografando, per rendermi conto dell’immane disastro occorso».

In alta Langa era il tempo della lotta all’Acna di Cengio (parliamo del tema anche a pagina 46), a cui si aggiunse una calamità “naturale” forse non del tutto imprevedibile. Prosegue Giacchino: «Esondò il Bormida, spinto dai suoi asfittici affluenti, ingrossati a dismisura. La mancata manutenzione dei rii da decenni aveva trasformato il loro letto, saturandolo con una fitta vegetazione e alberi. In quei terribili giorni, piovve talmente che i ruscelli, abitualmente in secca, si chiusero a causa delle frane diffuse, mentre il bosco vi scivolò dentro. Ricordo benissimo che a sera sembrò tremare la terra. Che cosa accadde? Quella sorta d’invasi creati in collina dai rivi si ruppero quasi all’unisono e tutta l’acqua trattenuta rovinò violentemente a valle, portando con sé detriti in quantità inverosimile. La furia della natura distrusse tutto ciò che trovò sul suo cammino, facendo saltare strade, case, capannoni, macchinari, impianti. Fortunatamente, non ci furono morti. Documentai precisamente, con la mia macchina fotografica, la catastrofe di Camerana e del territorio circostante. Anche le nuove aziende in cui avevo creduto per la rinascita del dopo-Acna versavano in condizioni di grave difficoltà».

Eppure, tutto l’Albese si distinse per la forza con la quale affrontò il disastro ambientale. I lavori di pulizia, messa in sicurezza e ricostruzione presero il via, si può dire, nell’immediato. Prosegue Giacchino: «Da un certo punto di vista, l’alluvione del 1994 fu pure una grande occasione. In quel periodo, l’Italia e la nostra zona attraversavano una delle endemiche crisi economiche costituite da carenza di lavoro e investimenti. Dagli anni Sessanta, poi, non si erano registrati gravi problemi ambientali e tutti i politici dimenticarono la necessità di custodire la terra. L’alluvione che ci colpì fece scalpore nel Paese e mobilitò risorse alle quali non eravamo avvezzi. La ricostruzione e la messa in sicurezza rappresentarono un volano economico formidabile. Molte aziende che stavano chiudendo, furono rimesse in gioco».

Fu la più straordinaria semplificazione amministrativa avvenuta in Italia

Il post alluvione fu una storia straordinaria e per certi versi poco raccontata. Spiega ancora Pier Giorgio Giacchino: «Nonostante il clamore mediatico legato al disastro, ci era difficile comunicare con Roma, come con Torino o Cuneo. Mi convinsi della necessità di fornire informazioni precise al Governo. Decisi così di andare nella capitale, superando non poche difficoltà. Così, una sera – erano almeno le dieci –, a palazzo Chigi c’incontrammo io, l’ingegner Claudio Borgna (che era assessore della Comunità montana), il presidente della Giunta regionale del Piemonte Giampaolo Brizio. Con noi, stravaccato su una poltroncina con i piedi allungati sul tavolino di fronte, c’era il ministro dell’interno del primo Governo di Silvio Berlusconi, il leghista Roberto Maroni».

Il racconto prosegue: «Mi parve un uomo travolto dalle notizie, un uomo che si misurava a nuotare controcorrente. Per un certo tempo, nessuno parlò. Così posai sulle ginocchia di Maroni il dossier fotografico che avevo realizzato in alta Langa. Le immagini ebbero la meglio sulle parole. Alla fine il ministro sbottò verso di me: “Secondo te, che cosa dovrei fare?”. Avevo la risposta pronta: “Deve venire su a vedere”. “Perché?”. “Se resta a Roma non avrà la percezione della realtà”. Maroni: “Quando?”. Domani o al più presto!”, risposi». E il ministro venne davvero. Doveva fermarsi un giorno, ma rimase due.

Giacchino: «Radunai i sindaci dell’area, portai Maroni a vedere le nostre ferite. Infine, ci fu un momento nella Locanda dell’arco a Cissone: soli, io e lui concordammo, scrivendole, le regole nuove per reagire in termini burocratici a una calamità di tale portata, superando i lacci della legge Merloni. Eravamo d’accordo sul fatto che occorresse riconoscere fiducia preventiva al territorio. Le istituzioni locali ebbero il compito di fare subito una prima stima dei costi. La Provincia di Cuneo, la più grande d’Italia, inoltrò un preventivo di pronto intervento per 30 miliardi di lire, che divennero 250. Nella sola comunità montana Alta Langa riuscii a portarne 60. Recuperammo un locale per le pratiche. Iniziammo a operare. Sono orgoglioso di dire che, in dieci anni di cantieri, non ho avuto alcuna denuncia, protesta. Grazie al ministro Maroni, abbiamo dato forza e fiducia a quanti lo meritavano», ricorda.

La vicenda dovrebbe avere insegnato qualcosa all’Italia delle costanti emergenze, ma non fu così. «L’iniezione di denaro cambiò il volto del nostro territorio, con messa in sicurezza, speranza», conferma l’ex presidente. «Riscoprimmo la pietra di Langa, ma qualsiasi opera va manutenuta. Invece, i rii si sono riempiti di nuovo e del sistema amministrativo messo in piedi penso sia rimasto nulla. Tra l’altro, per quei 60 miliardi di lire riuscimmo a spuntare un ribasso intorno al 40 per cento. Si trattava di 20 miliardi che facevano gola anche alla Regione, ma che in alta Langa reinvestimmo in loco, nonostante i tentativi di deviarli». Chiosa Giacchino: «Dopo alcuni anni, nel 2003, tornai a Roma: cercavo di fare riconoscere la malattia professionale per i dipendenti dell’Acna. I sindacati mi ridevano in faccia… Maroni era allora ministro del lavoro e della previdenza sociale. Ottenni un appuntamento. Lui mi presentò al suo staff tecnico: “Convinci loro e firmerò”, mi disse. Ottenni un esito straordinario. Salutandoci, ricordai ai presenti: “Quest’uomo è stato l’artefice della più straordinaria semplificazione amministrativa della storia della Repubblica”. “Quest’uomo mi ha portato il più grande tartufo d’Alba che io abbia mai visto”, disse lui».

Maria Grazia Olivero

La lotta contro l’Acna di Cengio e la crisi Egea

Negli scorsi mesi Giacchino era intervenuto, più volte, sulle pagine di Gazzetta d’Alba in merito alla vicenda dell’Acna di Cengio e alla crisi di Egea, qui si possono leggere alcuni di quegli articoli:

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