di Andrea Olimpi
SANITÀ – Lo scorso 9 dicembre, l’Agenzia Nazionale per i Servizi Sanitari Regionali ha presentato la nuova edizione del Programma Nazionale Esiti (PNE) 2025, ovvero la valutazione degli esiti delle prestazioni assistenziali e delle procedure medico-chirurgiche nell’ambito del Servizio Sanitario Nazionale, basata sui dati relativi al 2024. L’appuntamento, atteso ogni anno dalla comunità scientifica, rappresenta ormai un punto di riferimento per tutti gli operatori del Servizio Sanitario Nazionale (SSN). Nell’analisi complessiva spicca un dato significativo: sono 15 gli ospedali italiani – su 1.117 strutture di ricovero per acuti pubbliche e private – che raggiungono il top a livello nazionale, rispettando gli standard fissati dalla legge del 2015 e mostrando performance di livello alto o molto alto in almeno sei delle otto aree cliniche considerate.
Il rapporto, stilato da Agenas in collaborazione con le Regioni, le Province autonome e il Ministero della Salute, non deve essere interpretato come una competizione tra strutture, né come una classifica di vincitori e sconfitti: misura invece la qualità dell’assistenza erogata in Italia, offrendo a cittadini, operatori e decisori pubblici una fotografia sempre più chiara e utile per orientare le politiche sanitarie, fungendo da strumento concreto di miglioramento. Nell’edizione PNE 2025 sono state valutate complessivamente 1.117 strutture di ricovero per acuti, pubbliche e private, utilizzando i dati delle Schede di Dimissione Ospedaliera (SDO), incrociati con l’Anagrafe Tributaria – per la verifica dello stato in vita dei pazienti – e con il flusso dell’Emergenza-Urgenza (EMUR) per quanto riguarda il Pronto soccorso.
Dai risultati emerge il quadro di un sistema sanitario capace di migliorare quando siano fissati riferimenti normativi precisi e quando gli strumenti di valutazione permettano di monitorare i progressi, indirizzando il cambiamento verso obiettivi condivisi e misurabili. La qualità dell’assistenza cresce, ma persistono forti diseguaglianze territoriali e un marcato divario Nord-Sud: lo si riscontra, ad esempio, nei volumi della chirurgia oncologica complessa di pancreas e retto, nella tempestività di accesso a procedure salvavita e nell’appropriatezza clinica in ambito materno-infantile.
Delle 15 strutture valutate positivamente su almeno sei aree, solo due hanno ottenuto un esito pienamente positivo in tutte e otto; tra queste figura anche l’Ospedale di Savigliano.
Il rapporto ha considerato gli ambiti clinici Cardiocircolatorio, Nervoso, Respiratorio, Chirurgia generale, Chirurgia oncologica, Gravidanza e parto, Osteomuscolare e Nefrologia.
Nell’ambito cardiocircolatorio, valutato da sette indicatori, tra le 171 strutture che hanno raggiunto un livello molto alto con almeno quattro indicatori non figura alcuna struttura piemontese.
Stesso quadro nell’area del sistema nervoso: tra le 111 strutture con livello molto alto su due indicatori, non compare nessun ospedale del Piemonte.
Diverso l’andamento nella chirurgia oncologica, dove tra le 51 strutture che hanno raggiunto un livello molto alto su tutti e sette gli indicatori troviamo anche realtà piemontesi: l’Azienda Ospedaliera S. Croce e Carle di Cuneo, con cinque indicatori positivi su sette, l’Ospedale Martini di Torino, il Presidio Cardinal G. Massaia di Asti e l’Ospedale Michele e Pietro Ferrero di Verduno.
Nell’ambito gravidanza e parto, valutato mediante quattro indicatori, tra le 53 strutture che hanno ottenuto un livello molto alto con esito positivo su tutti e quattro, compaiono l’Ospedale Maria Vittoria, l’Ospedale Ostetrico Ginecologico Sant’Anna e l’Ospedale Martini di Torino, il Presidio Cardinal G. Massaia di Asti e l’Azienda Ospedaliera S. Croce e Carle di Cuneo.
Molto ricco il quadro delle eccellenze piemontesi nell’area osteomuscolare, valutata su sei indicatori: tra le 231 strutture che hanno raggiunto un livello “molto alto”, e che in Piemonte totalizzano il punteggio massimo (sei su sei), figurano l’Ospedale Maria Vittoria, l’Ospedale Martini, il Presidio Sanitario Gradenigo, l’Ospedale Mauriziano Umberto I, il CTO di Torino, l’Ospedale Maggiore di Chieri, l’Ospedale Civile E. Agnelli di Pinerolo, l’Ospedale degli Infermi di Ponderano, l’Ospedale Michele e Pietro Ferrero di Verduno, l’Ospedale di Mondovì e l’Azienda Ospedaliera S. Croce e Carle di Cuneo. Con cinque indicatori positivi su sei seguono lo Stabilimento Castelli di Verbania, l’Ospedale Civile di Susa, la Casa di Cura Koelliker Ospedalino di Torino e il Policlinico di Monza ad Alessandria.
Per le strutture che non hanno superato le valutazioni è previsto un approfondimento attraverso il percorso integrato di audit. I criteri di selezione riguardano un livello molto basso (rosso) di aderenza agli standard negli ultimi due anni su almeno un indicatore di processo o di esito, oppure criticità nella codifica delle variabili cliniche o delle tempistiche degli interventi.
Nell’Edizione PNE 2025 sono state segnalate 198 strutture, per un totale di 333 audit, nell’88% dei casi legati a risultati di livello molto basso. Il dato, seppur rilevante, risulta in miglioramento rispetto all’anno precedente (239 strutture e 404 audit).
A livello nazionale, il 22% degli 871 ospedali valutati presenta punti critici: la maggior parte si concentra nel Mezzogiorno – 51 in Campania, 43 in Sicilia, 19 in Puglia e 12 in Calabria, per un totale di 125 strutture – mentre tra le 73 del resto d’Italia figurano anche sette strutture piemontesi, coinvolte nel percorso di audit volontario finalizzato al miglioramento.
