MAGLIANO ALFIERI Livelli pericolosi di cromo, vanadio, nichel, stagno zinco e diossina: è il responso delle analisi, disposte dai Carabinieri forestali di Cuneo, sui terreni di sversamento del falso compost, uscito dagli impianti della Olmo Bruno, attiva da anni nel centro roerino, e finiti su 40 ettari di terreni coltivati fra Albese, Astigiano e Torinese, grazie a imprenditori e agricoltori compiacenti, pagati per sversare gli inquinanti, non depurati sui propri appezzamenti.
L’operazione, condotta dai militari con l’uso di intercettazioni e videocamere si era conclusa, il 1° marzo, con il sequestro del sito di trattamento – abilitato a ricevere acque reflue e residui verdi anche dalla Liguria – e 11 ordinanze di custodia (quattro erano i dipendenti della ditta, controllata dall’albese Egea) e il sequestro dei terreni inquinati dal compost. Le operazioni di campionamento, svolte su un frutteto e un fondo a cereali a Magliano Alfieri, un pioppeto a Neive e un campo a papaveri a Govone, aggiungono un nuovo capitolo alla vicenda: i siti non potranno essere messi a coltura dagli agricoltori, in attesa delle valutazioni sull’iter di bonifica che potrebbe essere disposto.
I magistrati del Tribunale di Torino hanno inoltre vietato, per sei mesi, le attività nello stabilimento di Magliano Alfieri.
Davide Gallesio