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(IL CASO) Acna: bonifica da 387 milioni e troppi dubbi

Lo spunto arriva da una lettera aperta di Pier Giorgio Giacchino, ex sindaco di Camerana in prima linea per l'ambiente, al sindaco di Cengio Francesco Dotta

Dopo-Acna: la valle non ci sta

LANGA Per capire cos’è, cosa è stata e cosa sarà nei prossimi anni la bonifica dell’Acna può essere utile dare un’occhiata ogni tanto al sito di Eni Rewind, la società proprietaria del sito.

Lo spunto arriva da una lettera aperta di Pier Giorgio Giacchino (ex sindaco di Camerana, per anni in prima fila nella lotta contro l’inquinamento e fondatore dell’As-
sociazione lavoratori Acna) al sindaco di Cengio Francesco Dotta, nella quale ancora una volta vengono evidenziate le numerose lacune della bonifica.

I costi annuali di gestione ammontano a 387 milioni

Dai dati ufficiali di Eni Rewind aggiornati al 31 dicembre 2023 (i più aggiornati a disposizione) emerge che la bonifica è costata 387 milioni di euro e che i costi di gestione annuali del sito ammontano a 4,1 milioni. Inoltre, la pagina Web della società parla di altri 89 milioni di «costi da sostenere» e segnala che nel 2023 sono stati trattati 836mila metri cubi di acque. Numeri enormi per una bonifica che le Regioni Piemonte e Liguria, sotto la regia di Guido Bertolaso, diedero per conclusa già nell’autunno del 2010.

Nella lettera al sindaco Dotta, Giacchino, parla di «affermazioni fuor di realtà tanto sulla gestione tecnico-operativa del sito quanto sul suo possibile riutilizzo, in assenza della minima osservazione critica e nel totale silenzio istituzionale».

L’Acna

Giacchino: «In questi cinque anni è cambiato nulla, se non in peggio»

Le problematiche erano già state evidenziate nel gennaio del 2019, in una relazione predisposta su incarico dei sindaci della Valle Bormida. «In questi cinque anni non è cambiato nulla, se non in peggio. L’allora Eni Syndial (oggi Rewind, nda) rispose con una relazione di cinquantacinque pagine contenente una quantità di insulsaggini tecniche che meriterebbero un bel confronto diretto», prosegue Giacchino, segnalando che i dati della Provincia di Savona del periodo 2010-2016 certificano che metà dei piezometri hanno sforato almeno 67 volte i limiti di legge previsti per il percolato.

«Per vedere come è andata negli anni successivi basta cercare gli atti trasmessi dalla Provincia al Comune di Cengio e si scoprirebbe che gli sforamenti sono stati innumerevoli. È questa la ragione per cui sostengo e suggerisco da sempre che l’utilizzo della zona A2 (quella certificata come riutilizzabile, nda) può essere solo superficiale», aggiunge Giacchino, rilanciando la proposta del parco fotovoltaico tirata in ballo ancora di recente come soluzione alternativa al discusso parco eolico di Monte Cerchio.

Si parla anche dell’area Merlo 

«Come si può pensare di vendere o affidare un sito non bonificato, ma solo messo in sicurezza? E che facciamo dell’area Merlo che continua a emanare benzene e amenità tipiche del sito? Non sarà perché il famoso diaframma di cinturazione ermetica è del tutto mancante dal lato della ferrovia?», si chiede Giacchino paventando anche un «progressivo disimpegno della proprietà», che emerge dalla riduzione del personale a Cengio.

«Nei giorni prefestivi e festivi la portineria è sguarnita e nei festivi e notturni un solo uomo presidia i 250mila metri dell’area A2. Inoltre, la presenza dei tecnici della Provincia di Savona per il controllo ambientale del sito, con relativo costo a carico della proprietà, è stata ridotta da cinque a due giorni alla settimana», conclude Giacchino.

 Corrado Olocco

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