UN PENSIERO PER DOMENICA – XIV TEMPO ORDINARIO – 7 LUGLIO
Ci sono contesti e situazioni in cui sembra impossibile che Dio possa essere presente e addirittura parlare. Per esempio a Babilonia, dove il profeta Ezechiele (2,2-5), il «parroco degli esuli» condivide la sorte di persone stanche e arrabbiate, strappate alle loro case, costrette a camminare a piedi per oltre mille chilometri, ben poco disponibili ad ascoltare. Ma anche a Nazaret, dove Gesù torna all’inizio del suo ministero pubblico (Marco 6,1-6): qui gli abitanti dell’anonimo villaggio prima si stupiscono delle sue parole, poi lo snobbano.

Lo scandalo dell’umanità. È da sempre l’ostacolo più arduo da superare. Come gli esuli a Babilonia e gli abitanti di Nazaret, anche noi facciamo fatica a pensare e a credere che Dio parli con voce di uomini, addirittura di uomini comuni: con la voce di uno schiavo prigioniero di guerra come Ezechiele o del figlio del falegname del villaggio come Gesù. Anche oggi, per noi la sfida è pensare e credere che Dio ci parli attraverso la voce di una persona nota, un familiare, un compaesano, un semplice prete… Eppure, come ricorda Paolo ai Corinzi, questo è il modo di agire di Dio, anzi «la forza si manifesta pienamente nella debolezza» (2Cor, 12,9).
La forza sta nella Parola. Le difficoltà non hanno bloccato la potenza della Parola: gli esuli a Babilonia non hanno perso la speranza e gli abitanti della Galilea si sono fatti attenti alle parole di Gesù. Essenziale è stato il fatto che né Ezechiele né Gesù si sono scoraggiati. L’efficacia della missione non coincide con il successo immediato. Vale anche per chi è genitore, maestro, catechista, animatore, prete. A volte l’efficacia della Parola viene dopo un insuccesso. È un dato di fede che può consolare, a patto che non diventi un alibi.
ANNO DELLA PREGHIERA – 23. A volte la preghiera non viene esaudita. Lo ha sperimentato Paolo. Allievo di Gamaliele, con la sindrome da «primo della classe», dopo l’incontro con il Risorto sulla via di Damasco passa un periodo pesante di anonimato, inviso sia ai giudei sia ai cristiani. Poi i successi incredibili nell’attività di missionario, però con momenti di delusione tremenda, come l’insuccesso di Atene o i contrasti con la comunità di Corinto. Racconta di aver «pregato il Signore perché allontanasse» da lui la misteriosa «spina nella carne». La risposta è stata negativa. Poi Paolo ha capito: «Quando sono debole, è allora che sono forte». Per questo ha mai ceduto allo sconforto: fino alla fine – anche quando si è trovato in catene – ha continuato ad annunciare il Vangelo!
Lidia e Battista Galvagno
