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Uno stile di vita alternativo: farsi servitori di tutti

PENSIERO PER DOMENICA – XXV TEMPO ORDINARIO – 22 SETTEMBRE

Che il giusto innocente possa essere vittima di persecuzione e sofferenza è una lezione drammatica della storia. Il pensiero corre a Gesù, ma la prima lettura della XXV domenica (Sap 2,12.17-20) ha sullo sfondo un’analoga situazione. Il libro della Sapienza racconta l’emarginazione dei fedeli Giudei ad Alessandria d’Egitto: in una società ricca, ostile e pagana, erano un corpo estraneo, non perseguitati fisicamente, ma emarginati e irrisi. Come scriverà il filosofo Kierkegaard, la “persecuzione del ridicolo” non è meno dolorosa delle ferite nella carne.

Uno stile di vita alternativo: farsi servitori di tutti
Gesù con i fanciulli, miniatura tratta da una Vita di Cristo del XVI sec. (Lione, biblioteca comunale).

Gesù ha saputo guardare in faccia la sofferenza. Quando, verso la fine della vita, si è reso conto dei rischi che correva, non ha abbandonato la sua missione. Anzi, come abbiamo sentito nel Vangelo di domenica scorsa, ha zittito Pietro che lo invitava alla prudenza. La sofferenza del giusto non ha età e può manifestarsi in forme diversissime: ci sono situazioni in cui si è perseguitati o derisi per la propria fede, ma non solo. Ci sono giusti perseguitati e uccisi a Gaza, nel Donbass o in uno dei tanti scenari di guerra. Ci sono giusti “perseguitati” dalla disabilità o da malattie incurabili. La croce di Gesù non fa scomparire queste sofferenze; aiuta a guardarle in faccia e a reggerne il peso!

 L’atteggiamento che Gesù suggerisce, in attesa della risurrezione è concreto (Mc 9,30-37) e alla portata di tutti: reagire alla sofferenza con il servizio, privilegiando i piccoli e gli ultimi nella società. La sue parole sono lapidarie: «Chi vuol essere il primo sia il servitore di tutti» e «chi accoglie uno solo di questi bambini nel mio nome, accoglie me». Cancellare dalla vita la sofferenza non è in nostro potere. Lo è privilegiare e servire chi è più svantaggiato. Sono parole che delineano uno stile di vita alternativo illustrando la portata antropologica del mistero pasquale: un mistero da credere e, insieme, da vivere.

 ANNO DELLA PREGHIERA – 31. Nella sua lettera (3,16-4,3) san Giacomo sembra smentire Gesù, che aveva promesso: «Qualunque cosa chiederete nel mio nome, la farò» (Gv 14,13). Giacomo non è meno categorico: «Non avete perché non chiedete; chiedete e non ottenete». A certe preghiere Dio non risponde: è quando sono «per soddisfare le passioni». Dio non asseconda desideri egoistici o propositi di male. Don Gasparino, maestro di preghiera, suggeriva, prima di chiedere qualcosa a Dio, di fare un esame di coscienza: la mia richiesta viene da un cuore puro e disinteressato? Se no, meglio non chiedere: è tempo perso e genera delusione!

Lidia e Battista Galvagno

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