
IN LANGA «Pioveva così forte che non riuscivo a vedere fuori dal vetro della mia Fiat Panda»: inizia così il racconto di Ercole Fontanone, dipendente Anas che nel novembre 1994 era responsabile della provinciale 29 (Alba-Cortemilia) e della 592 (Campetto-Nizza Monferrato).
«Avevo 46 anni e, il 5 novembre, ero in ferie. A un tratto mi telefona l’allora sindaco di Castino: “Vieni a vedere, Cortemilia sembra un mare”, mi disse». Ercole allora non ci pensa due volte, sale a bordo della sua 4×4 e da Ricca si sposta verso Cortemilia.
La situazione è subito chiara: «Chiudere le strade mi sembrò la prima cosa da fare. Sulla carreggiata incontravo alberi, fango e fiumi d’acqua. Mi sono fermato dalle imprese con cui collaboravamo e ho chiesto di aiutarmi, mentre l’acqua saltava sopra i ponti».
La decisione fu presa in autonomia e in pochissimo tempo: «Con il prefetto, era impossibile comunicare. Era sabato, non esistevano i cellulari e le comunicazioni erano difficoltose. Mi assunsi, con pochi altri, l’intera responsabilità». Ma quel che importa è che, in quel tratto, non furono registrate vittime.
I ricordi sono nitidi e angosciosi: «Quando arrivai dal ponte di Rocchetta Belbo, la situazione era al limite: mentre guardavo il fiume ingrossarsi a vista d’occhio, notai un’auto con a bordo due anziani dirigersi verso il passaggio. Li ho fermati e, mentre cercavo di convincerli, il ponte è stato portato via dalla piena», racconta ancora il capo cantoniere, a trent’anni dall’accaduto.
Chiuse le strade, Ercole torna a casa. Si trova a Manera, in direzione di Ricca, quando vede un’abitazione franare. All’improvviso. «Si è sciolta. Al suo interno c’era una famiglia: ricordo ancora quelle ragazze sommerse dal fango. Le ho cercate, tirate fuori e ripulite». Per settimane si lavorò per prestare soccorso ai molti rimasti isolati: «Ho iniziato a liberare le strade. Sotto gli alberi caduti, avremmo potuto trovare qualche vittima, ma per fortuna non fu così». Nei mesi successivi furono subito avviati oltre venti cantieri, uno di questi al ponte di Rocchetta Belbo, riaperto il 24 maggio del 1995.
«Sembrava il finimondo: quello che vivemmo quella notte e nei giorni successivi è un insieme di emozioni difficili da spiegare. Ancora oggi non mi lasciano dormire».
Il coraggio di Ercole Fontanone e la sua tempestiva capacità di azione furono determinanti per salvare molte vite. Un merito che gli è stato riconosciuto nel dicembre del 1995, quando fu premiato – insieme al collega Gian Sandro Pianta (competente sulla 339 della Valle Bormida) – per il lavoro svolto durante l’emergenza. Oggi conserva con cura il diploma e la medaglia d’oro consegnati dall’amministratore delegato Anas, Giuseppe d’Angiolino, e dall’allora ministro Paolo Baratta.
e.r.
