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Dove sono i profeti per diffondere gli appelli alla pace?

PENSIERO PER DOMENICA – QUARTA DI AVVENTO – 22 DICEMBRE

Nella quarta domenica di Avvento, a soli tre giorni dal Natale, dalle letture della Messa arrivano i suggerimenti finali per la celebrazione della festa, se non la più importante, certo più sentita di tutto l’anno, non solo dai credenti. Facciamo allora eco ai messaggi della parola di Dio.

Dove sono i profeti per diffondere gli appelli alla pace?
La visita di Maria a Elisabetta, in un affresco
del Ghirlandaio. Firenze, Santa Maria Novella.

L’ennesimo appello alla pace. Nella prima lettura incontriamo Michea (5,1-4), un profeta caro alla spiritualità cristiana per la sua menzione di Betlemme, il piccolo villaggio che deve la sua fama al fatto di essere stato il luogo di nascita del Salvatore. Storicamente, Michea era un discepolo del grande Isaia e nei suoi testi fa eco alla speranza di pace del suo maestro. Sarebbe bello che in questo Natale, ci fossero tanti “Michea”, capaci di fare eco e di diffondere gli appelli alla pace di papa Francesco: l’unico leader politico che forse ci crede ancora e che continuamente la invoca!

 La festa della solidarietà: ecco una chiave di lettura dell’incontro tra Maria ed Elisabetta, raccontato nel Vangelo di Luca (1,39-45). Le due donne festeggiano la loro maternità incontrandosi, aiutandosi vicendevolmente e lodando Dio per il dono della vita. L’ingresso di Dio nella nostra storia è un evento gioioso che genera stupore. Lo esprime bene un credente non cristiano, il poeta Tagore: «Questo fragile vaso tu riempi di vita sempre nuova. In questo piccolo flauto di canna hai soffiato melodie eternamente nuove. Quando mi sfiorano le tue mani immortali, questo piccolo cuore si perde in una gioia senza confini. In queste piccole mani scendono i tuoi doni infiniti. Passano le età e tu continui ancora a versare. E c’è ancora spazio da riempire». Ecco perché ogni anno è Natale.

 ANNO DELLA PREGHIERA – 44. Prendiamo spunto dal testo non facile della Lettera agli Ebrei (10,5-10). Ci piace inquadrarlo con una indicazione di preghiera di padre Gasparino: «La preghiera ha bisogno di sana teologia e di un po’ di poesia». La poesia la vivremo la notte di Natale. L’anonimo autore della Lettera agli Ebrei ci suggerisce la “sana teologia”. Anche il Natale, al pari di tutta la storia della salvezza non è opera nostra, ma di Dio. A salvarci non sono i nostri sacrifici, le nostre offerte, le nostre belle liturgie, ma l’offerta del corpo di Gesù Cristo: quel corpo che contempliamo bambino quando sostiamo davanti al presepe. Come insegnano i mistici, il vertice della preghiera è la contemplazione: il sostare in silenzio davanti al mistero di Dio, lasciandoci avvolgere da esso. Il Natale è questo!

 Lidia e Battista Galvagno

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