NOVARA Nell’aula della Corte d’Assise di Novara il 10 dicembre non c’erano G (oggi residente nella nostra zona) e C, le due vittime che grazie alla loro denuncia avevano scoperchiato la psicosetta divenuta nota alle cronache come “setta delle bestie”, un sistema che procedeva indisturbato da 35 anni con base in un casolare nei boschi di Cerano (Novara) e in alloggi dislocati tra Milano, Rapallo e Vigevano.
Entrambe hanno preferito non presentarsi, ma affidare le loro parole all’avvocata Silvia Calzolaro. «Il momento della verità e della giustizia è ormai prossimo. Le vostre decisioni rappresentano un messaggio chiaro e potente a chiunque possa credere di poter agire con la stessa crudeltà e impunità. Con tutto il nostro dolore, ma anche con tutta la nostra fiducia». Un’assenza giustificata dal «carico emotivo che le ha accompagnate in questo processo. Mi hanno chiesto di farmi portavoce del loro stato d’animo», riporta Calzolaro in aula.
L’organizzazione scoperta grazie alle indagini della Polizia nel 2020 ha portato all’identificazione di 26 imputati accusati di associazione per delinquere finalizzata alla riduzione in schiavitù commettendo violenze sessuali anche su minori. Per loro a luglio la pubblica ministera Silvia Baglivo aveva chiesto complessivamente quasi 230 anni di carcere con pene dai 7 ai 18 anni in base ai ruoli svolti.
Nel processo che rappresenta un unicum (è la prima volta che in Corte d’Assise di Novara entra il reato di riduzione in schiavitù), la sentenza è prevista per gennaio. Nel frattempo, nelle repliche avvocati e imputati sembrano seguire direzioni discordanti. I primi ricondurrebbero al dottore (Gianni Maria Guidi, deceduto nel marzo del 2023) tutte le responsabilità, mentre gli imputati, nel corso del processo, avrebbero parlato più volte di una parità tra tutti i membri.
Tra gli imputati, oltre al dottore, promotore della setta, e alla sua convivente, ci sono editori, psicologhe, negozianti, maestri di danza, un medico e un veterinario attivi nei diversi luoghi in cui indisturbati si occupavano di adescare le giovani vittime.
Elisa Rossanino
