IL CASO Partenariato pubblico privato nel servizio idrico integrato: è il titolo del documento di 14 pagine ricevuto lo scorso 4 marzo, tramite Pec, dall’Ato 4 e da Cogesi.
Il primo è l’ente che ha in mano l’infinita vicenda dell’acqua nella Granda e che, dal 2018, cerca di concretizzare ciò che è stato scelto dalla maggioranza dei sindaci: rendere pubblico il servizio. Il secondo è il consorzio nato a seguito di questa decisione. E che, anno dopo anno, ha inglobato le varie società operative, pubblicizzandole (tra cui anche Sisi, che gestisce il depuratore di Govone). Resta fuori soltanto l’Albese, a causa della politica e dei ricorsi della vecchia Egea, tutti rigettati.
Ed è così che a gestire le reti, tra Langhe e Roero, è sempre l’Egea acque di oggi, che nel frattempo è passata a Iren. È da qui che è partita la proposta ufficializzata la scorsa settimana. Si tira in ballo l’obbligo di subentro da parte del pubblico, di fatto non concretizzato. È una soluzione che potrebbe permettere di superare le criticità riscontrate.
Un discorso che Iren ha rimarcato anche in un’altra Pec, inviata sempre la scorsa settimana. Per conoscenza, è stata destinata anche ad Arera, l’autorità di regolazione nazionale. Si parla di un’interlocuzione avviata con i due soggetti provinciali. E della disponibilità di Egea di trovare la «migliore soluzione organizzativa» su invito dell’Ato, per la corretta gestione del servizio.
C’è poi un interesse primario per i privati, il vero nodo della questione: il pagamento del valore residuo da parte di Cogesi. Al centro, c’è la convenzione siglata nel 2019, a seguito della scelta dei sindaci. Ai gestori uscenti andava pagato il Vr, per coprire gli investimenti effettuati sulle reti. Cresciuto anno dopo anno, oggi ammonta a poco meno di 70 milioni di euro, un macigno per un consorzio che non ha un patrimonio proprio. Nel frattempo, lo scorso 31 dicembre, è scaduto il termine fissato per il pagamento.
Egea-Iren, nella lettera, sottolinea i sei anni di ritardi. Già con una comunicazione del 30 dicembre, si legge, «sollecitava il pagamento del Vr, essendo scaduto l’ennesimo termine». E fa riferimento anche a un altro punto della convenzione: in caso di ripetute inadempienze, previa diffida, l’Ato deve procedere alla risoluzione del contratto con il gestore Cogesi.
Un soggetto misto
Si arriva così alla proposta, che rientra nel quadro di partenariato pubblico-privato istituzionale previsto dalla normativa, in particolare dal Codice dei contratti pubblici.
Per semplificare, Egea acque propone la creazione di una società mista, un ente partecipato per un massimo del 70% dal pubblico (cioè le società operative presenti nelle diverse aree, già entrate in Cogesi) e per il restante 30 per cento da un privato. Quest’ultimo – in questo caso Iren, con le società del gruppo che si occupano di servizio idrico, cioè Egea acque, Ireti e Tecnoedil lavori – è il promotore. Il privato va identificato con una gara, a cui il promotore partecipa, con un diritto di prelazione in caso di mancata aggiudicazione, secondo le modalità che prevede il Codice.
Per Iren, si legge sempre nella lettera, i benefici per il territorio sarebbero molteplici: con un partner industriale, la situazione non solo sarebbe sbloccata una volta per tutte, ma potrebbero anche aumentare gli investimenti, così da migliorare il servizio. Certo, se le cose andassero in questo modo, la decisione degli amministratori andrebbe cestinata, revocando l’attuale affidamento in house al consorzio pubblico.
Le reazioni
Dalle parti di Langhe e Roero, la proposta non sembra aver riscosso molto successo. C’è stupore, prima di tutto, per le tempistiche: il 19 dicembre, l’assemblea dei primi cittadini della Granda, chiamata a esprimersi sul come procedere nei confronti di Egea acque, ha già ribadito la decisione del 2018. Su 247 sindaci, 177 si sono presentati e 175 hanno di nuovo scelto il pubblico.
Dice Alberto Gatto, sindaco di Alba: «I primi cittadini della provincia si sono espressi quasi dieci anni fa sul gestore unico pubblico. La proposta di Iren è in controtendenza con un percorso che, per quanto oggi articolato, è definito». E prosegue: «Il valore residuo rappresenta senza dubbio una cifra molto importante, ma le società sono al lavoro per portare a termine questa operazione».
Un punto di vista condiviso con il collega di Bra, Gianni Fogliato, che dice: «La visione oggi, sul nostro territorio, è la stessa. Ribadiamo che l’acqua, in quanto bene prezioso, deve essere gestito dal pubblico. In linea con quanto prevede la normativa, auspichiamo che si vada avanti su questa strada».
Le nuove date
Al di là della proposta, i tempi stringono ed è necessario compiere passi concreti, se si vuole mantenere il percorso intrapreso. Entro il prossimo 30 giugno, bisognerà risolvere il nodo Egea attraverso il pagamento del valore residuo, se non verranno accolte proposte alternative.
A tal proposito, entro il 31 marzo, le società operative che fanno parte di Cogesi dovranno esprimersi sulla possibilità di eventuali altre opzioni sempre nell’ambito del pubblico, come potrebbe essere l’acquisizione delle quote di Egea acque.
A questo punto, dopo l’incontro dello scorso 3 marzo, i referenti delle diverse società dovrebbero essere nuovamente convocati nel corso di questa settimana, alla luce delle novità.
IL COMMENTO / I cittadini hanno già deciso con il referendum
Parliamo con Cesare Cuniberto, che fa parte del Comitato cuneese acqua bene comune, da sempre in prima linea sul tema.
Che cosa non va nella proposta appena formulata da Iren, Cuniberto?
«Viola il mandato referendario del 2011, che aveva visto i cittadini votare a favore della gestione pubblica in tutta la provincia di Cuneo, inclusa l’area di Alba, Bra, Roero. Ma anche perché richiede ai sindaci di rinnegare la decisione assunta in assemblea generale nel 2015 e 2017 e, poi, nella conferenza d’ambito nel 2018. A essere penalizzati sarebbero soprattutto i cittadini, che vedrebbero i tanti utili ricavati dalle loro bollette distribuiti in dividendi ai soci di Iren, che sono principalmente i Comuni di Torino, Genova, Parma e Reggio Emilia, anziché destinati a investimenti sulle loro reti. C’è poi un aspetto non meno importante: la proposta è inaccettabile anche per un motivo giuridico di applicazione delle leggi vigenti. Lo stesso Codice degli appalti pubblici, all’articolo 148, esclude dalla sua applicazione il settore delle concessioni per la gestione del servizio idrico, per il quale vale soltanto il Testo unico ambientale 152 del 2006. Qualora i sindaci scelgano la forma di gestione mista, deve essere bandita una gara di appalto internazionale su un progetto redatto dallo stesso ente d’ambito, senza prelazioni. Tradotto: il vincitore potrebbe arrivare da tutta Europa».
Perché è così importante, in questo contesto, parlare del valore residuo?
«Va precisato un aspetto: il Vr corrisponde al valore finanziario degli investimenti realizzati da Egea Acque negli ultimi anni, che non sono stati ancora recuperati. Il suo peso si fa sentire già ora sulle bollette e continuerà nei prossimi anni. In altre parole, cambierebbe poco per i cittadini se a recuperarlo sarà Cogesi o Egea acque».

«Occorre dichiarare irricevibile la proposta di Iren. Al contempo, è da subito fondamentale concludere il processo di capitalizzazione di Cogesi, in modo da renderla finanziabile presso le banche che hanno dato la loro disponibilità a mettere a disposizione sia i fondi per il pagamento del valore residuo che per la realizzazione degli investimenti sulle reti».
Restano Comuni, dell’area albese, contrari al pubblico?
«Dopo che dal 2017 alcuni sindaci avevano sostenuto i ricorsi presentati da Egea Acque, oggi ufficialmente nessuno è contrario alla conclusione dell’operazione. Restano alcuni diversi punti di vista su come capitalizzare Cogesi, anche tra i presidenti delle società pubbliche socie, che andranno chiariti e risolti entro la fine di questo mese. Ci auguriamo che nessuno si faccia abbindolare dalla proposta di Iren, il tentativo di un’azienda che prova la carta impossibile, vedendosi fuori».
Francesca Pinaffo
