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Un anno fa a Santo Stefano Roero apriva il Cas, oggi esempio di inclusione

I ragazzi del Cas, di fronte alla cittadinanza, hanno raccontato la loro storia e i passi che li hanno portati fino a Santo Stefano

Un anno fa a Santo Stefano Roero apriva il Cas, oggi esempio di inclusione

SANTO STEFANO ROERO Una serata di incontro per favorire l’inclusione. Si è svolta questo mercoledì, 19 marzo, a Santo Stefano Roero, nella struttura che ospita il Cas (Centro di accoglienza straordinaria per stranieri). A organizzarla è stata la Caritas interparrocchiale: numerose le persone del paese che hanno partecipato, insieme a tanti ragazzi ospiti.

Il titolo era “Un anno dopo”, perché dava seguito all’assemblea svoltasi nel 2024, quando il tema al centro del dibattito era l’apertura del Cas: 50 giovani di origine africana accolti in un piccolo centro, con una serie di timori connessi all’impatto di questa novità.

Ma tutto è andato per il meglio e l’esperienza alla fine è stata più che positiva, grazie anche al lavoro dei responsabili del centro, del volontariato che si è mobilitato, delle varie strutture del paese, dall’amministrazione comunale, alla Proloco, alla stessa Caritas, agli Alpini, insieme ad altre realtà come Arte migrante e Anolf  Cisl. La formazione è stata a cura del Cnos Fap di Bra e del Cpia di Alba-Bra-Mondovì.

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I ragazzi del Cas, di fronte alla cittadinanza, hanno raccontato la loro storia e i passi che li hanno portati fino a Santo Stefano. Provengono da diversi Paesi: Gambia, Mali, Tunisia, Guinea, Bangladesh, Costa d’Avorio e altri ancora. In questo periodo nel Roero, hanno imparato l’italiano e il percorso lavorativo che hanno intrapreso. Dice Roger Davico, segretario cuneese dell’Anolf: «L’esperienza di Santo Stefano dimostra l’importanza, nelle piccole comunità con una popolazione sempre più anziana,  di avere la possibilità di giovani forze che potranno garantire il
lavoro, il welfare, la contribuzione anche per le pensioni del futuro, partendo da concetti essenziali come l’inclusione, la dignità, la valorizzazione di questi uomini e donne che abbandono il loro Paese alla ricerca di una vita migliore».

Sono intervenuti anche i due parroci, don Paolo e don Desirée (quest’ultimo originario del Camerun) che hanno concluso la serata ricordando anche il momento comune religioso in questo periodo di Quaresima e del Ramadan, con il messaggio di cercare di più ciò che unisce.

redazione

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