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L’intervista / Quaglia: «Restiamo quelli fuori dal gregge, ma anche noi cuneesi siamo cambiati»

L'ex presidente della Provincia di Cuneo, ospite nella chiesa di San Giuseppe, ha anche fatto il punto sui lavori per l'Asti-Cuneo

Giovanni Quaglia nominato presidente della Fondazione Crt
Giovanni Quaglia, presidente della fondazione Crt.

L’INTERVISTA È stato Giovanni Quaglia, uomo delle istituzioni pubbliche e private, l’ospite del secondo appuntamento (il 15 aprile) della rassegna “Un’ora con…”, ideata dal centro culturale San Giuseppe. Nato a Genola, presidente della Provincia di Cuneo dal 1988 al 2004, consigliere regionale, presidente della fondazione Crt fino al 2023 e del Consiglio d’amministrazione dell’Asti-Cuneo Spa, per poi guidare il Comitato di supporto regionale sempre in tema di autostrada, Quaglia sotto le torri ha parlato di infrastrutture e welfare.

La sua ultima nomina, la scorsa settimana, è come presidente dell’Accademia albertina delle belle arti di Torino, altra storica istituzione piemontese. Lo abbiamo intervistato.
Quaglia, perché oggi trovare soluzioni ai problemi sembra essere più complicato di un tempo?
«Darò una risposta solo apparentemente semplice: perché, negli ultimi anni, le cose si sono progressivamente complicate. Questo è accaduto perché, a tutti i livelli, abbiamo trascurato la formazione e soprattutto quella della classe dirigente. Sono andati perduti quei valori che hanno consentito alla nostra provincia di crescere in campo economico, produttivo, occupazionale, nel welfare e nei diritti: è stato possibile, in passato, grazie a una sintesi perfetta tra settore pubblico e iniziativa privata, a una migliore congiuntura e a quella straordinaria cultura del lavoro che ci aiuta ancora oggi. Sarebbe bello poter tornare a quelle origini».
Come possiamo valutare la situazione attuale?
«Nonostante tutto, ancora oggi, siamo un territorio egregio. Lo dico nel senso etimologico del termine: siamo fuori dal gregge, un’area superiore alla media della maggior parte delle realtà simili a noi. Un privilegio che abbiamo costruito negli anni in cui erano il buon senso a indicare le soluzioni ai problemi e alle criticità, insieme alla capacità di fare impresa tipica delle nostre zone. Certo, restano problemi irrisolti, come quello delle infrastrutture. E ci sono preoccupazioni prodotte dalla situazione geopolitica e dalla crisi del settore manifatturiero. Se sapremo conservare i nostri valori, supereremo anche queste difficoltà».
A che punto siamo con l’Asti-Cuneo?
«Siamo in vista del traguardo finale. Posso dire che avremo tempo a concludere l’opera, in accordo con il Ministero, entro i primi mesi del 2027, ma che quasi di certo l’autostrada sarà completata entro il 2025. I lavori stanno procedendo con oltre 300 addetti attivi nei cantieri tra Roddi e Cherasco. I 350 milioni di euro necessari per il completamento del lotto 2.6a non saranno (per la prima volta in Italia, a livello di operazione), pagati dallo Stato, ma dalla Torino-Milano attraverso il meccanismo del cross financing».
Si attendono anche i cantieri di adeguamento della tangenziale albese, dove c’è timore per il transito dei mezzi agricoli, oltre che per l’attivazione del portale 5, con il sistema del free flow.
«Tra cinque anni il sistema senza caselli sarà operativo in tutta Europa, diventando la tecnologia standard a livello autostradale. Per quanto riguarda la tangenziale di Alba, il primo problema da affrontare sarà quello della competenza dei lavori. La gestione della strada è divisa tra Anas e Provincia, che ha in carico il ponte strallato. A effettuare i lavori potrebbe essere direttamente l’Anas oppure la concessionaria, ma a pagare dovrebbe essere comunque la prima. In ogni caso sono interventi imprescindibili, dal momento che la tangenziale sarà a tutti gli effetti il collegamento che darà continuità a tutta l’opera».
E per i mezzi agricoli? 
«In collaborazione con il Comitato di supporto, si stanno studiando soluzioni a questa oggettiva necessità. Bisogna capire se sarà possibile agire individuando uno spazio dedicato a questi mezzi, attraverso deroghe o norme che ne consentano la percorrenza in condizioni di sicurezza, magari tramite una corsia dedicata. Se, proseguendo con le ipotesi, si comprenderà che non ci sono soluzioni alternative, bisognerà considerare la possibilità di progettare un percorso complanare. Si tratta, al momento, di una possibilità da approfondire».
 Beppe Malò
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