PENSIERO PER DOMENICA – QUARTA DI PASQUA – 11 MAGGIO
Nelle domeniche di Pasqua, le letture della Messa ci guidano alla scoperta-comprensione dell’identità di Cristo risorto. Tra le immagini non manca mai quella del buon pastore. In questo anno ci viene proposta una breve pericope giovannea (Gv 10,27-30): poche parole pronunciate da Gesù nel tempio, durante l’importante festa ebraica dell’Hannukkah, a ricordo della dedicazione del tempio. Gesù si presenta come il buon pastore, che ha un legame personale con le sue pecore: le conosce e viene da esse riconosciuto. Anche le altre due letture (At 13,43-52; Ap 7,9.14-17) propongono un messaggio simile: la salvezza viene da Cristo e solo da lui. E spiegano in che cosa consista.

La salvezza di Cristo è personale. È il messaggio del Vangelo che in tre versetti ci offre la sintesi della fede cristiana. La risurrezione ha aperto uno squarcio sull’identità di Gesù: è stato inviato dal Padre per salvare l’umanità, come un pastore a cui è stata affidata la cura del gregge. Ma Gesù, con la sua vita, ha mostrato di saper intessere legami profondissimi con le persone incontrate. La salvezza non è un regalo generico sparso a piene mani su una pubblica piazza, fisica o virtuale, ma un regalo personalizzato come sono i rapporti significativi e profondi.
Questa salvezza è per tutti. È il messaggio di Paolo ad Antiochia di Pisidia, nel suo primo viaggio missionario in compagnia di Barnaba. Respinto dai Giudei, gelosi del suo successo, rivolge l’annuncio ai pagani e lo motiva con le parole di Gesù: «Io ti ho posto per essere luce delle genti, perché porti la salvezza sino all’estremità della terra». Questo è il compito di chi crede nella risurrezione, come ci ha ripetuto il grande «missionario» del XXI secolo, papa Francesco, instancabile viaggiatore, mosso dall’ansia di portare a tutti, in particolare ai diseredati un messaggio di pace e di salvezza.
La salvezza di Gesù è per sempre. È l’annuncio misterioso dell’Apocalisse. Il brano odierno è molto conosciuto perché proposto il giorno di Ognissanti. Contempliamo una «moltitudine immensa che nessuno poteva contare, di ogni nazione, tribù, popolo e lingua». È la moltitudine dei salvati, avvolti in vesti candide, rese tali dal fatto di essere state «lavate» con il sangue del-
l’Agnello. L’immagine, tanto paradossale quanto suggestiva, ci fa uscire dalle strettoie della storia, dove la salvezza intesa come liberazione dalla fame e dalla sete purtroppo non si vede. Gesù buon pastore ci ha creduto e lavorato in tutta la sua breve vita. Chiede a noi di crederci e di impegnarci per essa!
Lidia e Battista Galvagno
