
CORILICOLTURA – Se la pazienza dei corilicoltori si è esaurita con il pessimo raccolto, per quantità e qualità, del 2024 e i due molto scarsi delle annate precedenti, il 2025 potrebbe essere l’anno della lenta rinascita.
Secondo Matteo Cazzuli, tecnico di Ascopiemonte, «le piogge del 2024 e della primavera 2025 hanno ristabilito le medie storiche dopo anni di siccità a volte estrema. In questo modo, le chiome delle piante hanno ripreso un’idonea vigoria consentendo una fioritura più abbondante. Già in primavera, il carico di frutti e lo stato degli impianti corilicoli risultavano migliori rispetto all’anno scorso». Anche se, da un paio di settimane, «siamo alle prese con l’incertezza perché è iniziata la cascola precoce dei frutti: in alcune aziende, il danno è già elevato. Le nocciole cadute a terra non sono state impollinate, forse a causa del clima uggioso di febbraio, che non ha consentito al polline di volare con costanza, oppure sono abortite per fattori fisiologici o esterni, come la cimice asiatica. Dai controlli che stiamo effettuando sulle nocciole ancora in crescita sulle piante registriamo una percentuale di frutti che non arriveranno a maturazione. Ci aspettiamo, dunque, che la cascola prosegua ancora per circa dieci- quindici giorni».
Per avere una stima della produzione «è ancora presto; bisogna attendere. In questa fase, è importante una corretta gestione fitosanitaria del noccioleto per prevenire danni e difetti. Speriamo, poi, che le piogge non compromettano il momento del raccolto come avvenne lo scorso anno».
Riguardo al mercato, l’opinione di Cazzuli è: «Il raccolto in Turchia e nei Balcani subirà danni per via delle gelate tardive e si prevedono contrazioni importanti delle produzioni in quelle aree».

Nicoletta Ponchione di Asprocor esprime cauto ottimismo: «sembra, a oggi, di poter contare su una discreta produzione, soprattutto se confrontata con quella degli anni precedenti. Ci preoccupa la cascola, speriamo resti nei livelli fisiologici e non superi il dieci per cento. Le piante sono maggiormente vigorose, ma stanno comparendo parassiti come agrilo, citospora e cimice asiatica, oltre al citato brownster disorder (cascola da macchie scure). Cosa accadrà in questi giorni sarà decisivo».
Di un buon raccolto «ne hanno bisogno soprattutto gli agricoltori: è necessario ritrovare fiducia nel settore. In passato, il nocciolo si impiantava dove la vite non cresceva: oggi è tutto cambiato e la coltura va curata in tutte le fasi, compresa la fertilizzazione. Con l’arrivo delle alte temperature, sarà necessario somministrare biostimolanti per ridurre lo stress da calore per la pianta. Ce ne sono di adatti alle coltivazioni in cui si usa la lotta biologica. L’irrigazione è un buon metodo, che però si scontra con la possibilità di trovare l’acqua necessaria in zone come le Langhe. Occorrerà puntare su cloni resistenti di tonda e gentile trilobata: la ricerca sta compiendo grandi passi in avanti».
Dopo la vite, «con 27mila ettari il nocciolo è la coltura più presente in Piemonte. È impensabile che sparisca, l’impatto sarebbe negativo pure sul paesaggio. Gli agricoltori, però, devono sopravvivere: più che alzare i prezzi, misura inutile con raccolti come quello dello scorso anno, occorre che le piante tornino a produrre. Per farlo, dobbiamo collaborare, non solo a livello regionale: i centri di ricerca del Piemonte, come Agrion, devono investire su progetti comuni con istituzioni come l’Università della Tuscia e l’Istituto agrario di San Michele all’Adige».
Riguardo alla produzione mondiale, aggiunge: «In Turchia hanno avuto seri problemi climatici, ma ormai le nocciole arrivano da tutto il mondo ed eventuali penurie sono facilmente compensate. In Cile, per esempio, stanno finendo di raccogliere in questi giorni e la produzione è ottima».
d.ba.
