
di Chiara Bonetto
IL PROGETTO – Un drappo bianco, lungo 5,7 chilometri, destinato a ricordare i nomi di oltre 20mila bambini palestinesi uccisi a Gaza. È questo il cuore del progetto tessile collettivo “5,7 km di grida nel silenzio”, ideato dalle artigiane Cristina Pedrocco (W.Camicie) ed Elena Gradara, che hanno lanciato su Instagram una Call for artists.
L’invito è quello di trasformare stoffe bianche in frammenti unici, ricamati, dipinti, cuciti, lavorati a maglia, per poi unirli in un nastro monumentale, segno di memoria e resistenza. Il drappo verrà srotolato in alcune piazze italiane per rendere visibili i nomi e restituire loro dignità. Poi sarà donato a un museo, una fondazione o a un futuro mausoleo che ne garantisca la conservazione e la funzione commemorativa, quale testimonianza permanente delle vittime del genocidio.
Sara Luciani ha aderito all’iniziativa con altri artisti
L’appello ha avuto un’eco sorprendente: in pochissimo tempo centinaia di persone, artisti e artigiane, hanno deciso di partecipare, condividendo il progetto e rilanciandolo sui social. A raccogliere l’invito è stata anche Sara Luciani, artista di Ceresole d’Alba, che ha deciso di farsi carico di 50 nomi di bambini. Li scrive con i colori da stoffa che utilizza ogni giorno nel suo lavoro artistico e poi ricama le iniziali. Il primo nome che ha scritto è Laila. «Me lo ricorderò per sempre perché era la prima dell’elenco. Mi sono fermata a pensare: chissà come è morta, chissà cosa non ha potuto vivere», racconta l’artista.
Ogni nome, per Sara, diventa così un piccolo atto di memoria. Raccontando il progetto e mostrando i primi lavori, Sara ha coinvolto altre persone di Ceresole. In breve tempo si è formato un gruppo di dieci partecipanti, ognuno dei quali si è preso in carico dieci nomi, lavorando con la propria tecnica: c’è chi ricama, chi dipinge, chi cuce. Il gruppo realizzerà 100 nomi, che si aggiungeranno ai 50 di Sara. Ceresole contribuirà con 150 nomi complessivi al grande nastro della memoria.
«Quando sei lì a scrivere o ricamare, controlli mille volte di non sbagliare. Sono nomi arabi, non familiari per noi, ma questo ti obbliga a fermarti, a prestare attenzione, a dare il giusto peso a ogni vita che stai ricordando», spiega Sara. Come a Ceresole, lo stesso è accaduto in tanti altri paesi e città: persone, associazioni e collettivi hanno raccolto l’invito delle due artigiane. Il risultato è una rete diffusa, che trasforma il dolore in memoria.
Sessanta giorni per completare l’opera
Tutti gli artisti e le artigiane che hanno aderito hanno sessanta giorni di tempo per realizzare i propri frammenti di stoffa con i nomi. Poi li invieranno alle ideatrici, che si occuperanno di unirli nel drappo che sarà esposto nelle diverse città. Questo progetto è uno tra i tanti che formano il movimento internazionale di solidarietà e resistenza civile, che in questi mesi sta crescendo in risposta alla tragedia in corso nella Striscia di Gaza. L’obiettivo è quello di ricordare chi troppo spesso resta invisibile e contribuire a tenere viva la consapevolezza sulla tragedia palestinese, restituendo dignità a ogni nome. «Non tutte le vite ricevono la stessa attenzione: alcune vengono ricordate, altre no. Con questo progetto vogliamo che nessun nome vada perduto», commentano le ideatrici.
Per questo motivo l’azione non si ferma qui: il progetto punta a crescere, coinvolgendo sempre più persone e realtà locali per portare il nastro in quante più piazze possibili, amplificando il suo messaggio di pace e testimonianza attiva. Le ideatrici e curatrici del progetto invitano tutte le realtà locali interessate a collaborare a mettersi in contatto diretto con l’organizzazione tramite Instagram sui profili di W.Camicie ed Elena Gradara, per trasformare la partecipazione in un atto di memoria condivisa e affermare, contro l’indifferenza, il valore dell’umanità.