
ALBA – La donazione della Madonna di Barnaba da Modena al Comune di Alba è stata perfezionata con la consegna, una settimana fa circa, della tavola trecentesca nelle mani del sindaco Alberto Gatto alla presenza dei funzionari della Soprintendenza. È la seconda opera in città del maestro (1328-1386) che visse e lavorò per gran parte della vita a Genova: agli albesi già sta molto a cuore la Madonna con il Bambino conservata nella prima cappella a sinistra in San Giovanni, datata 1377. Esaurite le formalità di rito, questo secondo «dipinto a fondo oro punzonato a piccole stelline, raffigurante la Madonna con il Bambino che succhia il latte», com’è descritto nel Catalogo generale dei beni culturali, è pronto per il restauro. A questo proposito la Soprintendenza avrebbe già indicato in quali mani la tavola dovrà essere affidata per portare a termine l’operazione. Il restauro, che costerà una cifra tra i trenta e i quarantamila euro, sarà eseguito in Municipio; quando questo sarà terminato il dipinto dovrebbe essere conservato nella sala del Consiglio comunale.
Tavole gemelle
Alba ora possiede, caso particolare, due dipinti molto simili, in «stretta prossimità», per usare le parole degli storici dell’arte riprese nel Catalogo dei beni culturali. Ed è ritenuta «molto suggestiva e plausibile l’ipotesi» che l’opera oggi in San Giovanni sia stata eseguita per il convento di San Francesco – la chiesa, che occupava lo spazio oggi della piazza omonima, fu sciaguratamente abbattuta all’inizio dell’Ottocento – mentre quella appena acquisita fosse stata commissionata per i Domenicani. E che perciò «le due pale quasi si rispecchiassero sugli altari delle due chiese dei due ordini mendicanti presenti ad Alba».

Lo storico dell’arte Bruno Ciliento
Gazzetta ha chiesto un commento sul regalo ricevuto dalla città a Bruno Ciliento, già soprintendente e curatore, nel 2005, della mostra in fondazione Ferrero Napoleone e il Piemonte. Capolavori ritrovati: «L’acquisizione alle collezioni civiche di Alba della Madonna di Barnaba da Modena è un fatto di grande rilevanza culturale e direi civile. Non spetta a me entrare nel merito delle varie fasi dell’episodio, ma solo esprimere (per quanto vale!) un personale apprezzamento verso chi si è adoperato per il buon esito della vicenda, che ancora una volta sottolinea la fondamentale esigenza di un rapporto positivo fra privati colti e amministrazione pubblica. L’importanza artistica e storica del dipinto è nota, altri potranno meglio illustrarla. Mi pare però giusto dire che la possibilità di esporre in una raccolta pubblica un’opera così significativa conclude un lungo percorso di ricerca e tutela, iniziato fin dal 1939 con la mostra su “Gotico e Rinascimento in Piemonte” organizzata da Vittorio Viale e subito accompagnata dalla dichiarazione di importante interesse della Madonna (la tanto criticata e mal definita “notifica”), in seguito confermata. Ma forse non si sarebbe arrivati a quanto oggi vediamo senza l’impegno a inizio anni Duemila della fondazione Ferrero, anche su impulso di Giovanni Romano, per la realizzazione di mostre e iniziative culturali che riportarono all’attenzione dell’opinione pubblica internazionale il patrimonio artistico di Alba (e non solo). Per quanti vi operarono e non sono più tra noi (oltre a Gianni Romano, Carlenrica Spantigati ed Enrico Castelnuovo) la Madonna nelle collezioni comunali sarebbe un meritato premio. In queste settimane Alba ha ottenuto l’importante riconoscimento di Capitale italiana dell’arte contemporanea. Si tratta di due momenti diversi ma ugualmente fondamentali. Personalmente mi auguro che si possano anche portare avanti le ricerche su altre opere d’arte di provenienza albese (penso soprattutto, ma non solo, all’Annunciazione cinquecentesca della galleria Sabauda) che quanto il Barnaba meritano attenzione e approfondimenti».
Paolo Rastelli
