di Francesca Pinaffo
ALBA – Dieci alloggi, ventiquattro persone, una piccola rivoluzione che punta a scardinare la discriminazione e i luoghi comuni. In modo concreto. Homefull è il nome di un progetto che ha mosso i primi passi sul territorio nell’ultimo anno e mezzo, sviluppato dal- l’impresa sociale Weco, con il sostegno delle fondazioni Crc e Crt. In cabina di regia, ci sono anche Apro, la fondazione Don Gianolio, Cicsene (ente torinese che si occupa di contrastare le disuguaglianze abitative) e la Frati minori Piemonte Onlus.
Gazzetta d’Alba ne ha parlato lo scorso gennaio. Pochi mesi prima, il 12 dicembre 2024, in strada Gamba di bosco si è consumata la tragedia di Issa Loum e Mamadou Diallo, 24 e 28 anni, morti per asfissia mentre cercavano riparo dal freddo in un capannone abbandonato. «Quel dramma è stata una spinta ulteriore ad andare avanti», dice Maria Cristina Galeasso di Weco.
Oggi, sotto le torri, c’è ancora chi dorme per strada. Lo sanno bene in via Pola. Ed è anche per questo che, fino a marzo, il Comune ha deciso di riaprire il dormitorio in via Ognissanti. Ma, oltre all’emergenza, serve guardare oltre, perché l’inclusione non può realizzarsi in questo modo. E perché, se nella rigogliosa Alba trovare un alloggio in affitto è difficilissimo per chiunque, per chi è migrante è praticamente impossibile.
Il progetto
Homefull, nell’ultimo anno, ha mosso in effetti molti passi. E l’idea iniziale – grazie al lavoro di chi l’ha attuata e alla risposta del territorio – ha preso forma. Si può riassumere così: affrontare il problema dell’emergenza abitativa con un sistema virtuoso ed efficace di incontro tra chi non ha un tetto e chi ha a disposizione immobili da affittare. Contro la diffidenza dei locatori, il boom degli affitti turistici brevi e una serie di dinamiche radicate nella società (quella globale, ma anche locale), la soluzione di Weco passa attraverso un sistema di garanzie.
Galeasso: «Abbiamo intercettato i bisogni di una parte importante di lavoratori stranieri della nostra area con il progetto di Accademia della vigna. Se la Caritas dà una risposta all’emergenza e la Frati minori Onlus a chi sperimenta in prima battuta l’autonomia, il vuoto riguardava la fase ancora successiva: quella di chi è davvero pronto, ha un’occupazione stabile (in agricoltura, nell’industria, nella logistica, nella grande distribuzione) e si scontra con un vero e proprio muro quando cerca casa».
Come fare, allora? «Ci siamo posti l’obiettivo di lavorare sulla fiducia. Siamo partiti da una piccola indagine territoriale, per capire meglio le dinamiche. Da un lato ci sono la diffidenza e la paura per chi è percepito come straniero (dal Sud al Nord Italia dagli anni ‘60, dall’Est Europa negli anni ‘90 e oggi per chi proviene dall’Africa, ndr), ma occorre anche dire che, negli ultimi decenni, le leggi sul tema dell’abitare hanno lasciato soli i proprietari in caso di problemi. Per la nostra area, poi, gli affitti brevi sono stati il colpo di grazia».

Per cercare di uscire da questo vicolo cieco, Weco ha pensato a diverse garanzie. Ne parla Cecilia Salomone: «La prima è di tipo personale. Come potenziali inquilini, individuiamo chi ha la capacità di vivere in autonomia. Di solito sono persone che provengono dall’accoglienza nel locale, che pertanto vivono nell’Albese da anni e che hanno l’intenzione di restarvi, anche perché hanno lavori stabili, che permettono loro di avere le entrate economiche necessarie». Non solo: «Con Apro, abbiamo sviluppato un corso sul come gestire responsabilmente la casa, con le varie incombenze».
Per il proprietario, poi, si prevede una polizza assicurativa per metterlo al riparo, per esempio, da eventuali danni o da morosità. Per l’inquilino, per supportarlo in caso di imprevisti economici, si offre un prestito infruttifero fino a 1.200 euro, così da coprire comunque l’affitto. Chi ne usufruisce potrà restituirlo, senza interessi e a rate, in un massimo di venti mensilità.
Meglio delle aspettative
«Gli affitti sono a prezzi di mercato. Ciò che cambia è proprio che chi entra nel progetto ha, gratuitamente, queste garanzie», dice Galeasso. Riguardo alle tempistiche, viene stipulato un contratto di quattro anni, rinnovato per altri quattro. Salomone: «L’ulteriore garanzia è che, per almeno un anno, seguiamo ogni persona: è una sorta di accompagnamento, in questa fase di passaggio». E se questo è il momento di tirare le somme, il bilancio è positivo, «sopra le aspettative», come prosegue l’operatrice: «Al momento fanno parte della rete 10 alloggi, nella quale vivono 24 inquilini. Eravamo partiti con un’attesa più bassa, ma il territorio ha risposto, anche grazie al passaparola. La maggior parte degli inquilini sono giovani uomini, ma abbiamo anche due famiglie, composte ciascuna da mamma, papà e un bambino».
Si va dalla Nigeria alla Costa d’Avorio, dal Pakistan al Ghana, solo per citare alcune delle nazionalità. Gli immobili, per ora, sono tra Alba, Castagnito, Roddi e Canale. «Le persone vengono inserite in case che siano in grado di garantire loro autonomia anche dal punto di vista della vicinanza al lavoro». Conclude Maria Cristina Galeasso: «Ora che è terminata la prima annualità, siamo sempre alla ricerca di nuovi alloggi e di proprietari disponibili. Vorremmo proseguire su questa strada: confidiamo nella risposta delle persone». Per informazioni, si può scrivere a c.salomone@we.co.it o a m.galeasso@we.co.it.
Ascolta il podcast sul progetto Homefull QUI
