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Detenuto si toglie la vita nel carcere di Asti, il commento della Camera penale

La casa di reclusione di Quarto d'Asti
Il carcere di Quarto d'Asti.

di Manuela Zoccola

ASTI – Christian Guercio, 38 anni, si è tolto la vita nel carcere di Asti la sera del 29 dicembre. L’uomo era un elettricista, grande appassionato di musica, che aveva da anni una dipendenza dalla droga, per cui aveva avuto qualche problema con la giustizia. Proprio per questa dipendenza era finito nel carcere di Asti.

Arrestato nei giorni scorsi per resistenza a pubblico ufficiale

Secondo le prime notizie giornalistiche, dopo una crisi fortissima causata dall’assunzione di droghe pesanti, per cui era diventato ingestibile, risultando pericoloso per sé e per gli altri, era stato chiamato il 118 dalla famiglia. Gli operatori sanitari, viste le condizioni dell’uomo, avevano chiesto l’intervento delle Forze dell’ordine. In preda a un fortissimo stato di agitazione, l’uomo si era ribellato a chiunque gli si avvicinasse, finendo per essere arrestato per resistenza a pubblico ufficiale.

Camera penale: «Mancano investimenti in educatori e sanitari in grado di garantire l’incolumità psico-fisica degli individui affidati allo Stato»

Profondamente scossa dalla notizia della morte del detenuto, la Camera penale di Asti è intervenuta divulgando un comunicato stampa.

«Il Consiglio direttivo prende drammaticamente atto di un nome, Christian Guercio, che diventa un numero, primo in assoluto per la Casa di reclusione astigiana e ottantesimo nella desolante lista delle persone suicide in carcere nel 2025. L’illusoria confortante assenza della realtà astigiana dai tragici annali dei suicidi in carcere da almeno un decennio appariva inesorabilmente destinata a finire».

Il Consiglio direttivo prosegue: «All’indomani della riforma della geografia giudiziaria che nel settembre del 2013 ebbe a realizzare l’accorpamento del Tribunale di Alba a quello di Asti, la correlata trasformazione della Casa circondariale di Alba in Casa di lavoro e della Casa circondariale di Asti in Casa di reclusione (come tale destinata a soli detenuti di media e alta sicurezza, essendovi riservate e collocate in settore isolato pochissime camere di detenzione per i detenuti comuni, in attesa di essere trasferiti in altre strutture detentive) faceva sconsolatamente presagire l’aumento delle criticità che rendono disumana la detenzione, in quanto all’importante sovraffollamento si andava ad aggiungere la contrazione del personale degli educatori, profondi conoscitori delle opportunità per il reinserimento sociale dei detenuti».

«Il primo suicidio avvenuto nel carcere di Asti è ancora l’ennesima cronaca di una morte annunciata da riforme che, pur nel legittimo obiettivo di garantire la sicurezza della collettività, sono esclusivamente volte a detenere persone, giudicate colpevoli o gravemente indiziate di reati, senza alcun investimento in personale, quali educatori e sanitari, adeguato a garantire l’incolumità psico-fisica degli individui affidati allo Stato, ancor più se soggetti fragili, registrandosi il clamoroso fallimento della finalità rieducativa della pena, voluta dalla nostra Costituzione, la quale impone in primis il rispetto della dignità umana»,  ha sottolineato il direttivo, concludendo: «La Camera penale ha concluso: “L’unico mesto auspicio che vogliamo propagare è che il primo suicidio avvenuto nel carcere astigiano possa essere l’ultimo del tristissimo elenco nazionale, quantomeno nell’anno che volge al termine».

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