Non chiamatele vittime del mare: sono vittime dell’ipocrisia

Egregio direttore, sulle nostre coste ancora strage degli innocenti. Cominciamo a sgombrare il campo dal coro ipocrita dei mondialisti che parlano di “tragedia del mare” senza guardarsi allo specchio delle proprie responsabilità. Non chiamatele vittime del mare: sono vittime dell’ipocrisia “dirittoumanista” che li illude di trovare rifugio nei Paesi di approdo, dove patiranno fame e povertà o ingrasseranno le file della manovalanza criminale. Sono vittime di scafisti senza scrupoli che commerciano in carne umana. Sono vittime, infine, degli interessi di ong e associazioni che si arricchiscono con i finanzianenti ricevuti destinandone solo minima parte all’accoglienza degli sbarcati. Essere obiettivi è importante anche di fronte alla tragedia e alla morte, perché le analisi lucide portano a trovare soluzioni, la pietà e il rammarico – anche se sinceri – rafforzano solo l’ipocrisia buonista che continua a far strage di innocenti.

Pietro La Rosa, Diano

Forse le soluzioni esistono, ma non si vogliono prendere perché è molto più comodo respingere i disperati che arrivano sulle nostre coste, gridare che non c’è posto per loro, che vogliamo se ne stiano a casa, e alla fine accusare di buonismo quelli a cui è rimasto un briciolo di umanità e pensano che sia giusto accogliere e soccorrere chi è nel bisogno. Chi sono infatti i migranti che in questi giorni a centinaia sono morti per arrivare in Europa? Gente che si illudeva di arrivare nel Paese di Bengodi, ammaliata dalle sirene del benessere? Forse c’è stato un tempo in cui questi erano i motivi che spingevano all’emigrazione, ma oggi non è più così. Sono persone che fuggono da situazioni disperate, dalla fame, dalla miseria e dalla guerra che insanguina i loro Paesi. Penso alla Siria, all’Eritrea, agli altri Paesi dell’Africa subsahariana dove sono in corso guerre in parte dimenticate. Non possiamo piangere davanti alla tv per i bambini uccisi in Siria, o indignarci per gli annegati in mare attorno a Lampedusa, in gran parte donne e bambini, e poi pensare che l’unica soluzione è che rimangano nei loro Paesi per non disturbarci. O impedire che sbarchino sulle nostre coste. Quello che è successo «è una vergogna», ha detto il Papa. E ha aggiunto: «Preghiamo Dio per chi ha perso la vita, uomini donne e bambini, per i familiari e per tutti i profughi», invitando tutti a «unire i nostri sforzi perché non si ripetano simili tragedie». Quali sono le soluzioni? Un’accoglienza dignitosa e la solidarietà non sono mai un male, ma ci sono anche soluzioni giuridiche e politiche su cui discutere, come i cosiddetti corridoi umanitari, la protezione temporanea, l’asilo extraterritoriale. Senza dimenticare le sanzioni agli scafisti e in genere a chi sfrutta questi fenomeni migratori per arricchirsi a danno dei poveri disperati.

Banner Gazzetta d'Alba