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L’intervista di Gazzetta d’Alba a Raphael Gualazzi

raphael-gualazzi1MUSICA Il Festival di Sanremo la vedrà protagonista con un artista d’eccezione. Come vive l’attesa?
«Il Festival di Sanremo è un palco di risonanza internazionale. I brani che porterò, intitolati Liberi o no e Tanto ci sei, pur rispettando le mie radici, hanno un approccio diverso grazie a The Bloody Beetroots. Sarà una bella sorpresa». 

Lei è un autore dal respiro internazionale: da cosa dipende la scelta di incidere un disco in una lingua piuttosto che in un’altra?
«Ho iniziato la mia carriera compositiva con un approccio inglese, riprendendo i grandi classici americani dello stride piano. Parallelamente è cresciuta la curiosità e poco per volta ho utilizzato anche l’italiano, lingua meravigliosa per il cantato anche se diversa dall’inglese come musicalità e struttura».

È una scelta definitiva?
«Sono sempre alla ricerca di contaminazioni e di crescita artistica. Spero di potermi cimentare in altre lingue».

La sua carriera è partita quando era ragazzo. Che cosa le ha dato la notorietà, cosa invece le ha tolto?
«La notorietà è una conseguenza dell’esposizione televisiva. Credo mi abbia tolto nulla perché faccio quello che facevo prima. Semmai è stata un’opportunità per parlare a tante persone della mia musica. Non sono ossessionato dalla popolarità. Cantare è la mia vita è poterlo fare di fronte a milioni di persone mi arricchisce».

Quali sono le sue fonti di ispirazione quando compone musica e quando scrive i suoi testi?
«Ho sempre avuto un approccio alla musica molto eclettico, grazie al fatto che avevo a disposizione una nutrita collezione di vinili in famiglia, dalla musica classica al jazz passando per il rock. In tutti i miei lavori ho mantenuto questa mentalità: tradizione, ma anche tanta contaminazione. Secondo me la musica è una luce con mille varianti di colori. Io non posso rappresentarli tutti in una canzone, ma cercare di raggiungere più sfumature possibili passando dal jazz, al mambo, alla classica, al funk, e così via».

Quanto è stato importante l’incontro con Caselli?
«Caterina è un vulcano di emozioni e di idee. Mi ha presentato a lei Franco Daldello della Peer music e da subito ci siamo trovati in sintonia. Al primo album con la Sugar mi lasciò il campo libero. Grande responsabilità, ma bellissimo traguardo».

Pensa che oggi sia più facile per un artista emergere?
«Sono contento di essere arrivato a portare la mia musica su grandi palcoscenici con tanta gavetta, sacrifici e sudore, studiando. Questo è un mestiere bellissimo e il percorso è sempre unico. La cosa più importante è la passione che si mette nel proprio lavoro».

Gualazzi quanto c’è della sua famiglia nei suoi lavori artistici?
«La mia passione totale per la musica viene da lontano, sia da mio padre Velio, che era il batterista degli Anonima sound, la prima band di Ivan Graziani, che dallo studio e dalla pratica, coltivandola e accrescendola al conservatorio Rossini di Pesaro. Da sempre ho parlato e mi son nutrito di musica».

Qual è la canzone a cui si sente più legato?
«Sono molte. Se devo sceglierne una sicuramente Reality and fantasy, sia nella versione dell’album che nel remix di Gilles Petterson. È stata la prima grande canzone a fare il salto internazionale finendo nella compilation Hotel Costes e in tante altre in tutto il mondo. Follia d’amore invece mi ha permesso di vincere il Festival di Sanremo giovani e di esibirmi all’Eurovision song contest di fronte a milioni di persone. Sai invece mi ha fatto tornare a Sanremo nei big».

Gazzetta d’Alba è il punto di riferimento dell’informazione nella zona di Alba, Bra, Langhe e Roero. Conosce la nostra area?
«La vostra è una terra di eccellenze, raccontata da due grandi autori come Cesare Pavese e Beppe Fenoglio, un importantissimo centro di tradizioni, cucina e vini. Ci sono molte affinità con le mie Marche. Sono entrambe terre di fatica, sudore, lavoro, dedizione, poche parole e tanti fatti. E in più ci accomuna la grande tradizione del tartufo. Spesso con i miei tour capito in Piemonte ed è sempre un piacere ritornarci sia per il cibo che per il grande calore dei piemontesi, a discapito delle dicerie».

Può fare un augurio ai nostri lettori, fra cui si annoverano molti suoi estimatori?
«Vorrei che questo 2014 fosse un anno più sereno per i lettori di Gazzetta e più in generale per questa nostra Italia, spesso bistrattata, ma amata in tutto il mondo. Come canto in Reality and fantasy, il muro tra realtà e fantasia può diventare piccolo per chi ha la forza di credere nei propri sogni. È un augurio che faccio in particolare ai più giovani, perché sono convinto che il talento alla fine emerga sempre. Buon anno da Raphael Gualazzi».

Marcello Pasquero

Raphael, l’italiano del momento

È l’artista italiano del momento, raro esempio di cantautore apprezzato da pubblico e critica, capace di rinnovare il jazz e di ottenere un successo planetario. Raphael Gualazzi, 32 anni, è l’Italia che piace nel mondo, è il talento che emerge grazie a tanta fatica e gavetta in quella straordinaria fucina di artisti che è la Sugar music di Caterina Caselli, in cui il ragazzone nato a Urbino è cresciuto a stretto contatto con i mostri sacri della musica italiana, da Elisa ad Andrea Bocelli fino ai Negramaro. Un’ascesa che non conosce limiti, a poco più di un mese dalla terza presenza al Festival di Sanremo, la più attesa, in coppia con The Bloody Beetroots, il guru della musica elettronica. Con i piedi ben piantati a terra, ma senza mai rinunciare a sognare, fedele al titolo della sua canzone di maggiore successo Reality and fantasy, Raphael Gualazzi si racconta a Gazzetta d’Alba grazie alla collaborazione del priocchese Francesco Pasquero, international music manager di Sugar music.

The Bloody Beetroots a Sanremo

Sarà l’esibizione più attesa della 64a edizione del Festival di Sanremo, in programma dal 18 al 22 febbraio, quella che vedrà duettare Raphael Gualazzi e The Bloody Beetroots (nella foto insieme). Per la prima volta la musica elettronica sbarca in grande stile sul più ambito palco della musica italiana grazie a una vera e propria icona dell’Edm (Electronic dance music): The Bloody Beetroots, al secolo sir Bob Cornelius Rifo, bassanese, da tempo trapiantato a Los Angeles, produttore e fotografo che ha mai svelato la propria vera identità fisica, celata da una maschera diVenom, un personaggio dei fumetti della Marvel. Un alone di mistero che non ha impedito al ragazzo di origine vicentina di imporsi sulla scena musicale vendendo oltre 2 milioni di dischi nel mondo con il primo album Romborama. Considerato uno dei migliori produttori in circolazione, ha collaborato con decine di artisti pubblicando nel giugno 2013 il singolo Out of sight con Paul McCartney. In comune con Raphael Gualazzi ha una formazione musicale classica: piano e chitarra e una grande propensione alla sperimentazione.

m.p.

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