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Vino: produttori alla scoperta del mercato inglese

REPORTAGE  Dieci produttori a Manchester, almeno venti a Londra. Le cantine piemontesi tentano la conquista del mercato inglese in un evento che sintetizza indiscutibili verità per il mondo del vino locale: la crescente competitività che rende ostici i mercati nordeuropei, la trasformazione dei contadini langaroli in business men internazionali, l’universo della vendita dei prodotti legato sempre di più sia alle relazioni sociali e ai bassi prezzi che alla qualità “intrinseca”. È stata l’Ice (Italian trade commission, agenzia alle dirette dipendenze del Ministero dell’economia), a organizzare la “Borsa vini italiani 2016”: l’evento prevedeva due tappe, una il 19 e l’altra il 21 gennaio, in due delle città considerate “strategiche” per l’avvio delle vendite nel mercato anglosassone.

vino londra
Un’immagine dell’iniziativa promozionale svoltasi in Inghilterra.

Le location sono lussuose: il Town City Hall di Manchester e lo Sheraton Hotel di Londra. Tovaglie bianche, lampadari di alto design, assistenti in giacca e cravatta per le traduzioni, buffet preparati da chef italiani. Tutto studiato per realizzare incontri potenzialmente importanti per il futuro delle cantine. I produttori arrivano da tutta Italia, posizionano sui tavoli i vini e attendono che importatori, compratori o giornalisti si mettano di fronte e degustino. Obiettivo finale: stringere accordi di vendita.

«Il mercato inglese è diventato estremamente prolifico, ma solo per prodotti con prezzi estremamente bassi – due, tre euro a bottiglia – e soltanto per chi ha già contatti in loco. Il panorama è saturo, zeppo di etichette italiane, australiane, cilene, sudafricane, californiane. Tutti vogliono sbarcare a Londra, chi ce la fa può ritenersi davvero fortunato», spiega Chris Atkins, titolare di un’agenzia di consulenza che mette in contatto i produttori con gli importatori. Un piccolo produttore vinicolo dell’area del Barolo, che ha partecipato a entrambe le date di Manchester e Londra, racconta: «Per venire qui, partecipare all’evento e dormire in hotel, abbiamo speso circa tremila euro. Un investimento importante, ma necessario. Incontrare persone, parlarci faccia a faccia, sembra il solo modo di stabilire un reale contatto. Oggi Barbera, Barbaresco, Barolo hanno raggiunto elevati livelli di qualità. Difficile trovare prodotti scadenti. Perciò quello che fa la differenza è la voglia di mettersi in gioco. Insistere, provare e riprovare fino a quando la fortuna gira per il verso giusto».

Parlando con i produttori ci accorgiamo di come il mondo del vino stia subendo veloci trasformazioni. «La parte produttiva, le caratteristiche organolettiche e sensoriali sembrano assumere un ruolo quasi marginale nell’enorme piazza dello scambio di informazioni», dice un produttore siciliano, un ex frantoio trasformato in vineria. La narrazione diventa fondamentale: la storia dell’azienda, i dettagli curiosi su come il titolare ha inventato il nome di un vino, la capacità mimica e il carisma, la gentilezza e il mistero. Tutti “ingredienti” che assumono un ruolo centrale. «Il vino è diventato una moda. Come ogni moda, attraversa periodi di transizione. Oggi in Inghilterra sembrano più interessati ai vini del Sud Italia, ai bianchi e ai prodotti a basso costo. Un giorno i vini piemontesi torneranno di prioritario interesse», prosegue il produttore.

A fine settimana nessun produttore ha stipulato accordi. Non è così che funziona il gioco. Si torna, si attende una mail che potrebbe cambiare il futuro dell’azienda. Non c’è alternativa che sopportare l’incertezza e accettare l’eventuale nulla di fatto. Unica regola: stare alle regole del gioco, perseverare, o rimanere fuori dai giochi.

Matteo Viberti

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