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Al City plaza, l’hotel per chi non ha casa

Al City plaza, l’hotel per chi non ha casa

LA STORIA Incontriamo l’albese Elena Biagioli per conoscere la storia del suo soggiorno all’hotel City plaza di Atene (vedi pure gli altri articoli di questa pagina). Si tratta di un ex albergo occupato da attivisti e profughi per dare risposta alla difficile situazione greca legata alle migrazioni. La condivisione dei doveri è alla base: una volta alla settimana si tiene un’assemblea a cui partecipano i migranti che vi hanno trovato rifugio, gli attivisti e i volontari. Per il resto ci si divide i turni di cucina, distribuzione del cibo e pulizia. Al City plaza c’è una scuola, dove si svolgono corsi per bambini e per adulti, soprattutto di inglese. Avvocati ed esperti di diritti umani si occupano inoltre di informare, assistere e istruire i migranti sulle pratiche da mettere in atto.

Come ci si sente a partecipare a un progetto che concretizza gli ideali e le parole di soccorso, integrazione, accoglienza, Elena?

«Siamo arrivate – io e un’amica – e non abbiamo detto: “Vogliamo essere volontarie qui”: abbiamo invece chiesto se ci fosse posto. È stato semplice: abbiamo ricevuto le chiavi di una camera assieme a un ragazzo tunisino, che era lì dall’estate e che prestava servizio come traduttore dall’arabo all’inglese. Il principio di convivenza dell’hotel si basa sull’idea di condividere spazi e mansioni con i migranti. Ero stranita e spaventata in principio, poi ho percepito un clima sempre più caldo».

Quali erano invece i vissuti dei migranti ospiti?

«Le famiglie sono in attesa di ricevere risposte alle domande di diritto d’asilo e ambiscono comunque a Paesi quali Germania, Francia, Svizzera e Scandinavia. La consapevolezza di un futuro incerto è all’ordine del giorno, ma l’ironia sulla situazione e l’umorismo non mancano. Molti minori sono in attesa di ricongiungimento familiare, ma sono molto forti e alcuni sono stati accettati nelle scuole pubbliche greche. Convivono nell’hotel siriani, curdi, afghani e pachistani che scappano dalla guerra. Le lingue principali sono l’arabo e il farsi (idioma ufficiale dell’Iran, del Tagikistan e dell’Afghanistan, parlato anche in Uzbekistan), ma ci sono lezioni di inglese organizzate da docenti volontari madrelingua».

Esistono tensioni tra le varie etnie presenti?

«Mi è spiaciuto molto vedere come talvolta, al momento del pranzo o della cena, alcuni ospiti rifiutassero o non apprezzassero il cibo altrui. Su questo aspetto è da precisare che l’iniziativa è finanziata da privati tedeschi che garantiscono cure, tre pasti al giorno, vestiti, assistenza. Accadono cose ben diverse negli altri campi profughi al nord della Grecia, le cui condizioni sono davvero precarie e disastrose».

Che cosa rimane dentro, dopo quasi un mese di vita trascorso al City plaza?

«Non credo esista una ragione precisa ad avermi spinta a cercare questo tipo di esperienza. Senza dubbio, però, sono tornata a casa più consapevole e con una grande ricchezza interiore. Le immagini che porto dentro narrano da sé. Ad esempio, il volto di Arman, il piccolo teppistello-combinaguai di dieci anni che maschera un cuore grande, afghano, dietro il dolore per l’uccisione del padre da parte dei talebani. Oppure il volto di “Patata”, un altro bimbo di 12 anni, siriano, con difficoltà di pronuncia, ma a cui piace in modo particolare la matematica. Ho dato e ricevuto allo stesso tempo, ho trascorso tempo ad aiutare in cucina, a servire i pasti e a organizzare momenti ricreativi per i bimbi e per le donne. Una storia che non dimenticheremo, tutti».
Marco Giuliano

Elena, la ragazza partita da Alba per stare al fianco dei rifugiati di Atene

Elena Biagioli è nata e cresciuta ad Alba. Classe 1989, dopo la laurea ha scelto di dare forma concreta a un ideale: quello del trovare una strategia d’intervento per gestire l’emergenza profughi che invade l’Europa.

Salendo su un aereo per Atene, Elena ha raggiunto quello che i giornali di tutto il mondo hanno rinominato “il miglior hotel d’Europa”. Non per via della bellezza delle sue stanze, ma per la rivoluzione di cui è custode e vettore. All’hotel Plaza di Atene, infatti, convivono rifugiati provenienti da tutto il mondo.

Spiega la ragazza: «L’idea di partecipare a un progetto di volontariato è nata il giorno della mia laurea a marzo di quest’anno: la scintilla è scoccata assieme a un’amica con cui avevo già frequentato il programma universitario Erasmus a Istanbul. Inizialmente pensavamo di andare a Lesbo per accogliere i barconi, ma non eravamo certe di essere in grado di prestare aiuto di primo soccorso o d’emergenza. Eravamo titubanti».

Prosegue Elena, che è appena rientrata dopo un mese in Grecia: «Siamo poi venute a conoscenza del progetto City plaza che aveva preso piede ad Atene da aprile di quest’anno. Il City plaza hotel è stato in passato una struttura ricettiva per il turismo. Ha chiuso circa sette anni fa per via della recessione economica greca. Ad aprile il palazzo è stato occupato da un gruppo di persone considerate “attiviste politiche”, interamente rimesso a posto e reso operativo per ospitare circa 400 migranti, tra cui 185 minori. È un vero e proprio squat, cioè un locale occupato a fini sociali».

m.g.

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