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Belluno: basta Prosecco, meglio puntare sulle nocciole!

Sabato convegno su nocciole, noci e castagne

CORILICOLTURA La produzione di nocciole in Italia sembra destinata a crescere ancora, con l’arrivo, a fianco delle regioni tradizionalmente vocate, anche del Veneto. Nei giorni scorsi, giornali ed emittenti televisive del Bellunese hanno dato ampio spazio all’ipotesi (ormai piuttosto concreta) di nuovi impianti nella zona sotto la spinta di due colossi del settore come Ferrero e Novi. Il presidente della Coldiretti di Belluno Silvano Dal Paos ha affermato che la Ferrero cerca fino a 1.200 ettari di terreno da destinare a noccioleto, aggiungendo (con un’affermazione che, fino a poco tempo fa, poteva sembrare eretica): «Abbandoniamo il Prosecco e lasciamolo ai trevigiani. Guardiamo a colture più adatte al nostro territorio e che potrebbero perfino rendere di più». Secondo Dal Paos, i primi impianti potrebbero essere avviati già entro la fine di quest’anno riconvertendo aree inutilizzate e invase dalla boscaglia.

Dell’andamento produttivo e delle prospettive del mercato corilicolo nazionale e internazionale si è parlato anche nei giorni scorsi ad Asti, in occasione del convegno sul nocciolo promosso da Agrion. A fare il punto sulla situazione è stato il funzionario regionale Gianfranco Latino, fornendo dati che confermano la crescita del settore. Il paese leader nel mondo si conferma la Turchia, con una produzione che, tra il 2003 e il 2016, ha oscillato tra il 57% del 2004 e il 75% del 2008, mentre tra le altre nazioni stanno crescendo molto Georgia e Azerbaijan.

In Italia, ormai da anni è in aumento la superficie coltivata. Particolarmente significativi appaiono i dati relativi al Piemonte. Tra il 2010 e il 2015 si è passati da 15.247,31 a 18.137,62 ettari, con un incremento medio del 3 per cento all’anno e un aumento del numero di aziende del 2,5% (da 8.362 a 8.576). Ma dal 2015 al 2016, l’aumento degli ettari coltivati nella nostra regione è stato del 16 per cento (lo scorso anno erano oltre 21mila) e quello delle aziende addirittura del 30 per cento, con 9.643 aziende che si dedicano alla corilicoltura. In Piemonte la crescita dei noccioleti è legata in parte anche alla crisi che ha colpito altri settori, spingendo gli agricoltori a riconvertire le produzioni e a puntare sulla nocciola, ma anche gli accordi stipulati nel 2015 tra Ferrero, Ismea e alcune Regioni (Piemonte compreso) hanno contribuito all’aumento delle superfici coltivate.

Il rovescio della medaglia potrebbe essere rappresentato da una crisi di mercato in arrivo tra 4-5 anni, quando i nuovi impianti entreranno in produzione e per compensare potrebbe non bastare l’aumento dei consumi o una produzione turca insufficiente. La soluzione, secondo la relazione di Latino, è cercare la qualità, ottimizzare il processo produttivo (scelta varietale e materiale vivaistico), puntare sull’Igp Piemonte per distinguere il prodotto sul mercato e consolidare il rapporto con l’industria puntando alla stabilizzazione dei prezzi con accordi di fornitura.

Corrado Olocco

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