L’INDAGINE Se spesso l’Italia non brilla nelle classifiche internazionali, ce n’è una in cui supera i vicini europei: con un milione e 661mila donne imprenditrici e lavoratrici autonome, è il primo Paese d’Europa per lavoro al femminile indipendente. Un dato rilevante, se si pensa che il Regno Unito si ferma a quota un milione e 641mila, mentre la Germania ne registra un milione e 469mila.
In questo esercito di donne attive nei settori più disparati, un ruolo di primo piano svolgono le titolari d’imprese individuali artigiane: a oggi sono 181mila e 482, una cifra che è aumentata del 2,5 per cento negli ultimi dieci anni. Se si contano poi le socie e le collaboratrici, si sale a un capitale umano di quasi 355mila donne. Per quanto riguarda le diverse regioni italiane, il primato per imprenditrici artigiane spetta alla Lombardia (67mila), seguita dal’Emilia Romagna (37mila e 300), dal Veneto (37mila e 200) e, al quarto posto, dal Piemonte con 32mila e 617 donne operatrici in proprio.
A livello provinciale sale sul podio Torino: con oltre 16mila donne titolari d’impresa artigiana, è al secondo posto in Italia, superata soltanto da Milano (18mila).
E se i numeri sono incoraggianti, l’Osservatorio di Confartigianato ha portato alla luce l’altro lato della medaglia. Il fatto, cioè, che le imprenditrici devono fare i conti ogni giorno con un welfare incapace di assicurare alle donne un diritto come la conciliazione tra lavoro e famiglia.
A livello di politica, un primo dato è rilevante: se sul fronte delle pensioni e dei servizi sanitari per gli anziani, la spesa pubblica ammonta a 270 miliardi di euro, quella per i giovani e le famiglie si ferma a 25 miliardi. È una cifra pari al 3 per cento della spesa totale della pubblica Amministrazione (rispetto al 3,7 per cento di media europea) e all’1,5 per cento del Prodotto interno lordo (rispetto all’1,7 per cento registrato in Europa).
Confartigianato ha poi analizzato il costo e la qualità dei servizi a livello di enti locali: soltanto il 57,3% dei Comuni italiani offre servizi di asilo nido. Il loro utilizzo è molto basso (solo 12,9 per cento dei bambini italiani con meno di 3 anni ne ha usufruito), anche perché il costo è piuttosto alto: in media oltre 1.600 euro per famiglia all’anno, la cifra che incide maggiormente sul bilancio familiare in quanto a servizi locali.
Quali sono le conseguenze sul lavoro femminile? Sempre secondo l’Osservatorio degli imprenditori artigiani, il tasso di occupazione delle donne senza figli in Italia è pari al 56,9 per cento, ma scende al 53,2 per cento per le donne con figli. E se si guarda alla fascia d’età compresa tra i 25 e i 49 anni, il divario è ancora più netto: il 70,4 per cento delle donne senza figli lavora, ma la cifra scende al 56,7 per cento tra quelle che hanno scelto di costruirsi una famiglia. Ecco così che l’Italia torna a essere il fanalino di coda d’Europa, dove il tasso d’occupazione delle lavoratrici raggiunge il 71,3 per cento, fino al record dell’87,4 registrato in Svezia.
Francesca Pinaffo