Dio della vita, chino sui sofferenti

Incontri che cambiano la vita

UN PENSIERO PER DOMENICA 4 FEBBRAIO

In un momento storico, in particolare in una campagna elettorale in cui l’indifferenza al dolore altrui si eleva a sistema, Gesù, Dio della vita, mostra il suo diverso modo di intendere i rapporti umani: partecipa alle vicende umane e si china sulla sofferenza degli uomini. Questa esperienza tragica della vita può assumere infinite forme, come denunciato da Giobbe (7,1-7): dalla malattia fisica alla perdita di speranza, al tormento che genera insonnia e alla sensazione che la vita stia scappando via. Di fronte alla sofferenza possono nascere tre atteggiamenti, esemplificati dalle letture: lamentarsi, cercare consolazione nella solidarietà umana o provare a guarire la malattia.

Lamentarsi è umano. Giobbe, spesso additato come simbolo di pazienza, si lamenta delle sue sofferenze, gridando a Dio il suo dolore. Dio però, come apparirà nell’ultimo capitolo del libro biblico, non lo condanna per questo. Ricordiamo che nell’antico Israele la sorte dei malati era drammatica: mancando la figura del medico – tipica del mondo greco – le persone affette da malattia venivano curate in casa e, nel caso di malattie infettive, emarginate. Potevano rivolgersi ai sacerdoti perché invocassero da Dio la guarigione e, come nel caso della lebbra, la certificassero, rendendo possibile il reinserimento sociale.

Solidarietà e vicinanza sono due atteggiamenti teorizzati da Paolo nella prima lettera ai Corinzi (9,16-23): farsi “debole con i deboli”. Tutti abbiamo sperimentato che, in momenti di sofferenza, uno dei motivi di sollievo è una presenza amica. La solidarietà, come ha spiegato bene il filosofo polacco Tishner, è condividere: un oggetto, per quanto pesante, se portato in due pesa solo più metà!

Gesù vuole guarire la sofferenza. Come leggiamo nel Vangelo (Mc 1,29-39), Gesù si coinvolge nella vicenda del malato. Senza nemmeno essere chiamato, si avvicina alla suocera di Pietro, affetta da febbre, con semplicità e delicatezza: la prende per mano e la guarisce. Non cerca il gesto eclatante, per farsi pubblicità, ma si avvicina alla persona malata, facendole capire che Dio le è vicino. Gesù inoltre non guarisce solo il corpo, ma ridona uno scopo per vivere: la donna, guarita, immediatamente si attiva per far onore agli ospiti. Questa è guarigione totale.

Lidia e Battista Galvagno

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