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Il disgusto per quei bambini morti due volte

L'editoriale di don Sciortino: "Il disgusto per

ALBA “Esseri umani” è il titolo di una bellissima canzone di Marco Mengoni. Al testo di questa canzone si è ispirato un vescovo, quello di Noto, durante una messa per i cresimandi. Anzi, all’omelia, l’ha pure cantata. Voleva far capire ai ragazzi di non avere pregiudizi. Tanto meno paure. Nei confronti di nessuno. Anche se di cultura e religione differenti. Per non dire del colore della pelle. Siamo tutti “esseri umani”, al di là delle differenze. Un invito alla solidarietà  e alla compassione per i più disperati.

Quella solidarietà e compassione che non hanno avuto i capi di Stato, nel recente raduno a Bruxelles. Tema del giorno: l’immigrazione. E come far fronte ai flussi e agli sbarchi. E’ stato un fiasco. Una brutta pagina per l’Europa. Un accordo al ribasso. Solo buoni propositi e slogan. All’insegna dell’egoismo e dell’indifferenza. Un duro colpo per l’Europa dei popoli, che si sbriciola ancor di più. Nonostante tutti abbiano gridato al successo. Sia pure al settanta per cento, come ha detto il nostro presidente del Consiglio. Per mascherare l’inconsistenza di un accordo, che non c’è. Ma tanto basta a illudere l’opinione pubblica. E a soddisfare l’orgoglio di chi pensa che, finalmente, ci siamo fatti sentire in Europa. E che contiamo qualcosa. Basta battere i pugni sul tavolo.

Mentre a Bruxelles si continuava a parlare, nel Mediterraneo morivano centinaia di altri immigrati. Morti che pesano sulla coscienza di una politica che ha smarrito l’essere umani. “Non vogliamo vedere questo Mediterraneo testimone e tomba di una sorta di genocidio, di cui diventiamo tutti, in qualche modo, responsabili”. Queste le parole che monsignor Bettazzi, presidente emerito di Pax Christi, ha indirizzato al Primo ministro Conte, “l’avvocato degli italiani”.  Siamo in tanti”, ha aggiunto, “a non volerci sentire responsabili di navi bloccate e di porti chiusi. Mentre ci sentiamo corresponsabili di governi che, dopo aver sfruttato quei Paesi e continuando a vendere armi, poi reagiscono se si fugge da quelle guerre e da quelle povertà”.

Parole, quelle dell’anziano ed emerito vescovo, volte a recuperare una tradizione di umanità. E a scuotere le coscienze. Soprattutto di chi si dichiara cristiano. Va a messa ed esibisce Vangelo e rosario. Parole, però, cadute nel vuoto. E che, su web e social, gli hanno scatenato contro un diluvio di insulti. Una carica d’odio. Uno sdoganamento di inciviltà e razzismo. Senza pietà e umanità. C’è chi, sui morti annegati in mare, ha scritto: “Buon appetito ai pesci!”.

Tra le vittime degli ultimi naufragi, sono stati recuperati i corpi di tre bambini. Di appena un anno. Avevano addosso una maglietta rossa. Quella che le mamme fanno indossare, per renderli più visibili ai soccorritori. Bambini morti due volte. Annegati in mare. E, poi, per una bieca fake news. Quella tragedia, così eloquente nelle foto, in rete è stata spacciata per una messinscena. Non di bambini si tratterebbe, ma di “bambolotti”. In braccio ad attori in veste di soccorritori. Il tutto su un fondale di studio televisivo come scenario. Davvero non c’è limite alla crudeltà. E alla follia del “sonno della ragione”. “Dobbiamo trovare l’umiltà di fermarci”, ha ammonito don Ciotti, fondatore di Libera. E di riflettere. I bambini sono tutti uguali. Anche quelli con la maglietta rossa, ripescati dal mare. Chi, da mesi, ripete come un mantra “parlo da padre…”, “lo dico da papà…” , dovrebbe capire, più di altri, la terribile disperazione dei genitori che mettono i figli sui gommoni. Sapendo che il rischio di morire è altissimo. Non pensano, certo, alla “pacchia” di una crociera nel Mediterraneo.

La stessa maglietta color rosso aveva addosso Alan Kurdi, il piccolo siriano di tre anni, spiaggiato sulle coste di Bodrum, in Turchia. Quell’immagine, tre anni fa, commosse il mondo intero. Fu il simbolo di una tragedia che si sperava non dovesse più ripetersi. Ma commozione e solidarietà durarono ben poco. Giusto il tempo, allora, di far breccia nel cuore della Merkel. E di far aprire i confini tedeschi a un milione di profughi. Per lo più siriani. Ormai, cose d’altri tempi, seppur non lontani. Ben diversa la situazione, oggi. Con la Merkel costretta a un passo indietro. Per salvaguardarsi da populismi e nazionalismi, che le franano consensi elettorali.

Purtroppo, una tragica assuefazione ha addormentato le coscienze. Anche se c’è chi non si rassegna. In Italia e all’estero. Come Khaled Hosseini, lo scrittore afgano, noto per Il cacciatore di aquiloni. Il 30 agosto prossimo, terzo anniversario della morte di Alan Kurdi, uscirà il suo libro, Sea prayer.  Dedicato al dramma dei profughi. Lui spera che l’opinione pubblica, in Europa, si ribelli. E protesti. Com’è avvenuto in America. Contro l’indecente reclusione in gabbia di bambini messicani, separati dai genitori. A chi blinda i confini e tiene lontani i soccorritori, lo scrittore afgano ricorda: “l’imperativo morale deve essere quello di salvare la gente in mare. E creare canali sicuri e legali per mettere in salvo i rifugiati”. Solo nel giugno scorso sono morti 557 immigrati nel Mediterraneo. Uno su sette non ce l’ha fatta nella traversata. Un anno fa, il rapporto era di uno su trentotto.

Tra chi non si rassegna all’ecatombe, c’è il “popolo delle magliette rosse”. Sabato 7 luglio scorso, è sceso nelle piazze di tutt’Italia. A protestare contro le politiche dei respingimenti e delle chiusure. E a ricordare i tanti morti in mare. Soprattutto i bambini. “Tutti in maglietta rossa”, come quella di Alan e dei tre piccoli annegati a pochi chilometri dalle coste della Libia. All’appello di Libera e del Gruppo Abele hanno aderito in tantissimi. Cattolici e non. Movimenti e associazioni nazionali, come Caritas e Azione cattolica, singoli cittadini e gruppi. “Una maglietta rossa per fermare l’emorragia di umanità”, hanno detto gli organizzatori. “E per un’accoglienza capace di coniugare sicurezza e solidarietà”.

Rosso è il colore che ci invita a fermarci. A sostare e riflettere sul deficit di umanità. E sul futuro di civiltà o inciviltà, che stiamo consegnando ai nostri ragazzi. Ma rosso è anche il colore della vergogna. La vergogna di chi gioca allo scaricabarile, di chi sfrutta le paure delle gente, gonfiandole. E di chi specula sulla pelle dei migranti. Quei migranti che, a dire del presidente Inps, pagano già le nostre pensioni. Gli stessi che versano allo Stato 8 miliardi di contributi. E, in cambio, ricevono prestazioni per 5 miliardi. E che, con il loro lavoro, contribuiscono quasi al dieci per cento della ricchezza nazionale. Il cosiddetto Pil. Gli stessi che, più prolifici dei nostri connazionali, garantiscono futuro e speranza a una sterile Italia. Così depressa di figli, al limite del “suicidio demografico”. Ogni anno, secondo l’Istat, 120 mila italiani lasciano il Paese. Per lo più, quasi tutti giovani e laureati. Un problema vitale. Di sopravvivenza per l’Italia. Eppure, la preoccupazione ossessiva sono solo gli sbarchi di 30 mila immigrati dalle coste africane. Una politica davvero miope.

Chi, come il presidente Inps, mette in guardia dai gravissimi rischi che corre il Paese, resta inascoltato. Anzi, riceve un annuncio di sfratto. Un benservito, forse, prima della scadenza naturale del mandato. I numeri contro l’ideologia. Dati oggettivi, studi e ricerche infastidiscono. Al potere è meglio l’improvvisazione. E l’efficacia degli slogan. Quanto alle promesse elettorali, basta spostare in avanti l’asticella. Più che i reali problemi della gente, conta la visibilità mediatica. Un’assurda gara di annunci e provvedimenti. Vince chi più occupa la scena su giornali e Tv. Ma, intanto, perde il Paese. Per lo più, in assenza di una vera guida. Esperta e autorevole.

A tanto deficit di cultura e umanità, occorre reagire. Prima che sia troppo tardi.  “Indignarsi non basta”, è l’appello di don Ciotti. “Ci vuole il disgusto, per risvegliare le coscienze e salvarle da una passività che ci rende complici. Bisogna trasformare l’indignazione in sentimento e il sentimento in impegno e responsabilità. Per porre fine a questa perdita di umanità. Ma anche per progettare e organizzare il dissenso e tradurlo in fatti concreti”.

E, infine: “Chi ha responsabilità politiche dovrebbe ragionare e aiutare a ragionare, soprattutto quando si parla di problemi che toccano la vita di milioni di persone”. Tutto bene. Purché il massimo del ragionamento non sia: “Io ruspo, tu ruspi, egli parte”. Come Pontida docet.

Antonio Sciortino già direttore di Famiglia Cristiana

E attualmente direttore di Vita Pastorale

 

La Presidenza nazionale dell’Azione Cattolica Italiana aderisce all’iniziativa promossa dall’Associazione “Libera” e da don Luigi Ciotti Una maglietta rossa per fermare l’emorragia di umanit

Una maglietta rossa, come il rosso del sangue che sporca le magliette di tanti bambini morti in mare durante le traversate nel Mediterraneo. Rosso come il colore che invita a fermarsi e per questo a riflettere e farsi un esame di coscienza. È questo il simbolo scelto dall’Associazione Libera e da don Luigi Ciotti per l’iniziativa lanciata per oggi, 7 luglio, con l’invito a indossare un indumento di colore rosso «per fermare l’emorragia di umanità». Un invito cui la Presidenza nazionale dell’Azione Cattolica Italiana aderisce pienamente con l’augurio che questa giornata sia per tutti l’occasione per analizzare le paure, i pregiudizi e il razzismo che sono alla base di un drammatico deficit di solidarietà, di umanità che sembra interessare il nostro Paese. «Di rosso – racconta il fondatore di Libera – era vestito il piccolo Aylan, la cui foto nel settembre 2015 suscitò la commozione e l’indignazione di mezzo mondo. Di rosso erano vestiti i tre bambini annegati qualche giorno fa davanti alle coste libiche. Di rosso arrivano tanti bambini, vestiti così dalle madri nella speranza che, in caso di naufragio, quel colore richiami l’attenzione dei soccorritori». Rossa è la vergogna di un’Europa che gioca allo scarica-barile con il problema dei migranti.

 

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