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Il potere di Cristo che proviene dalla sconfitta

PENSIERO PER DOMENICA – XXXIV TEMPO ORDINARIO – 24 NOVEMBRE

L’associazione tra la figura del re e l’immagine del crocifisso oggi non fa più scalpore. Il crocifisso è diventato addirittura un oggetto di arredamento o, peggio ancora, un modo per ostentare la propria identità. Al tempo di Gesù non era così. A fatica riusciamo a immaginare lo choc provato dai discepoli e quindi la loro difficoltà a credere prima nella risurrezione e poi nella regalità di un crocifisso. Tutte le letture di quest’ultima domenica dell’anno liturgico trasmettono, sia pure in toni diversi, lo stupore per la regalità di Gesù Cristo.

Il potere di Cristo che proviene dalla sconfitta

Già la regalità di Davide aveva caratteri originali: diversamente da Saul era stato scelto non in ragione della sua forza e possanza fisica, ma della sua disponibilità ad ascoltare la Parola e a seguire il progetto di Dio. Nel brano odierno (2Sam 5,1-3) troviamo un’altra novità: Davide non si impone da sé come re, né viene imposto dall’esercito, ma è acclamato direttamente dal popolo e come suo primo atto sigla un’alleanza tra le tribù e con Dio. Il vero re non divide, ma unisce.

La regalità di Gesù è paradossale, perché si manifesta su una croce, avendo sul capo una corona di spine. Nel Vangelo di Luca (23,35-43) troviamo alcune sottolineature importanti per capire quale tipo di re abbia voluto essere Gesù. La sua “corte” ha ben poco di regale, composta com’è di due malfattori e di soldati che, dopo averlo crocifisso, lo deridono. La folla e le autorità che l’hanno condannato sono in attesa di un gesto spettacolare che non arriva. Arriva invece, come ultimo atto della sua vita, consacrata al perdono e alla salvezza, un gesto di amore e di liberazione: la promessa di una salvezza definitiva e integrale, che libera per sempre dal dolore fisico e dalla morte. Come evidenziato dai due malfattori, accogliere o rifiutare questo dono di salvezza è il margine di libertà proprio dell’uomo.

Lo sguardo di fede di Paolo, espresso dallo stupendo inno della lettera ai Colossesi (1,12-20), coglie gli aspetti inediti di questa regalità. Con il dono della sua vita, Gesù ha trasformato una sconfitta in riscatto. Ha evidenziato che, in definitiva, nella vita non esistono che due logiche: quella umana del pensare prima di tutto a sé stessi, del dominio sull’altro, esteso fino alla distruzione del prossimo e del suo mondo; e poi c’è la logica divina dell’amore e del dono. Questo stile di vita, che si è realizzato in modo sommo in Gesù Cristo, può vincere addirittura la morte, trasformandola in principio di vita. Noi possiamo partecipare alla regalità di Cristo e vivere già oggi un anticipo di questa novità.

Lidia e Battista Galvagno

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