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Bilancio pesantissimo nella casa di riposo di Priocca: 40 contagiati e 17 morti

«La mia salute  è condizionata dall’indigenza»

PRIOCCA “Da quando è scoppiata l’emergenza, la nostra vita è ferma qui: cerchiamo di fare il massimo, tutti insieme,  dagli infermieri agli operatori”. Alice Barbero è la direttrice della casa di riposo Santo Stefano di Priocca, gestita dal consorzio Obiettivo Sociale. È una delle strutture più colpite sul territorio dell’Asl Cn2: su circa 80 ospiti, una quarantina sono risultati positivi. Alto anche il numero dei decessi, che ad oggi sono 17. “Oggi si cercano ovunque i responsabili di quanto accaduto, ma non si può generalizzare e questo virus ha dimostrato la sua elevatissima contagiosità, con effetti che si fanno sentire soprattutto sui più fragili. Nel nostro caso, abbiamo chiuso alle visite esterne dal 23 febbraio, ma non siamo comunque riusciti a fermare l’ingresso del Covid-19”. A inizio aprile, i primi anziani hanno iniziato a manifestare sintomi sospetti. Si è subito proceduto ai tamponi, che hanno dato esito positivo. Così, l’8 aprile, sono stati effettuati i tamponi su tutti, ospiti e personale. Come alla casa di riposo Pasquale Toso di Canale, gli esiti sono arrivati dopo otto giorni. E forse è stato questo, almeno nelle fasi iniziali, uno dei limiti più gravi della sanità piemontese, priva di un numero sufficiente di laboratori per processare in tempi brevi i tamponi, impedendo di avere una visione chiara del contagio, anche nelle rsa. “Avuti gli esiti, abbiamo effettuato la separazione tra positivi e negativi. Ma purtroppo, per via di questo ritardo e del fatto che in molti casi gli anziani fossero asintomatici, otto giorni sono stati sufficienti per vanificare i tamponi: anche tra i negativi, in certi casi si sono manifestati sintomi, tanto che abbiamo richiesto altri tamponi”. Per fortuna, tra il personale, il contagio è stato limitato: “Abbiamo sempre garantito l’assistenza, assumendo anche nuovo personale. Dal punto di vista medico, oggi gli anziani in struttura sono seguiti ogni giorno da due medici dell’Esercito e dai medici delle Unità speciali”. Conclude Barbero: “Dall’esterno non si può immaginare che cosa significa affrontare il coronavirus in una rsa. Dal punto di vista emotivo, stiamo vivendo un dramma, perché ogni anziano è parte della nostra famiglia. Ma ci stiamo sostenendo gli uni con gli altri, cercando di rendere la situazione meno pesante per i nostri ospiti”.

Francesca Pinaffo

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