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Quando i videogiochi incrociano l’azzardo

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LO STUDIO Esiste un legame tra videogiochi e gioco d’azzardo? La risposta è sì, anche se si tratta di un argomento fino a oggi poco approfondito e in Italia, rispetto ad altri Paesi europei, la materia non è stata ancora regolamentata a livello legislativo. Per capire le dinamiche che si nascondono dietro a questi meccanismi e come l’industria dei videogiochi stia letteralmente incorporando elementi tipici del gioco d’azzardo, è stata affidata a Ires Piemonte una ricerca sul tema, nell’ambito del Piano regionale di contrasto al gioco d’azzardo.

L’indagine è stata portata avanti da Eclectica, istituto che dal 1998 si occupa di ricerca sociale, nell’ambito degli stili di vita e dei comportamenti a rischio, come sul fronte delle dipendenze. In questo caso, si è scelto di coinvolgere gli stessi gamer, cioè i giovani giocatori di videogiochi, così da indagare in profondità le loro opinioni sulle somiglianze e le differenze con il gioco d’azzardo. A livello metodologico, sono stati osservati 29 ragazzi piemontesi, tutti studenti delle superiori, che hanno partecipato a sei momenti di approfondimento on-line.

Sara Rolando è la ricercatrice di Eclectica che ha curato il rapporto, insieme a un gruppo di esperti: «La letteratura scientifica più recente ha evidenziato una serie di convergenze tra i videogiochi e il gioco d’azzardo, come nel caso delle loot box, che prevedono il pagamento in cambio di un premio sconosciuto al momento dell’acquisto: il giocatore spera di trovarvi il vantaggio o il miglioramento desiderato ai fini del videogioco, ma non ne ha la certezza. Si tratta di microtransazioni che prevedono l’acquisto di beni virtuali con denaro reale, nel quale a prevalere è l’elemento della fortuna, proprio come nel gioco d’azzardo. Ma ci sono anche altri aspetti sovrapponibili, come il fatto che le concessionarie dei giochi d’azzardo siano spesso gli stessi provider dei videogiochi, con vendite incrociate dei due prodotti e di commercializzazione reciproca sui rispettivi siti».

Sul fronte delle loot box, alcuni Paesi europei sono già intervenuti in modo chiaro, introducendone il divieto a seconda delle rispettive norme sul gioco patologico, come nel caso del Belgio, del Regno Unito e dell’Olanda. E, per evitare una normativa frammentaria, la Commissione competente del Parlamento europeo ha chiesto ai Paesi membri di sviluppare una strategia condivisa.

Quando i videogiochi incrociano l’azzardo

Ma che cosa ne pensano i giovani giocatori? Spiega Rolando: «Il primo aspetto è la reazione dei ragazzi, che si sono dimostrati felici nel raccontarsi e nell’essere ascoltati da adulti. Quando si parla del rapporto tra giovani e tecnologie digitali, si usano spesso toni allarmistici, che non fanno altro che peggiorare la situazione. Lo stesso termine “dipendenza” viene spesso inflazionato, basandosi su un mero concetto temporale, quando sarebbe necessario prima di tutto analizzare i motivi che spingono un ragazzo o una ragazza a giocare per molte ore: c’è una differenza notevole tra il semplice divertimento e trovare attraverso la dimensione on-line una fuga dalla realtà. L’approccio che abbiamo scelto è l’analisi dei pensieri degli stessi giocatori, in uno spazio libero, senza giudizi».

Francesca Pinaffo

I giovani gamer sembrano essere consapevoli dei rischi che corrono

A emergere sono stati diversi elementi. Spiega Rolando, di Eclectica: «Ci siamo resi conto che, tra chi si definisce gamer, esiste una certa consapevolezza di come alcuni aspetti del gioco d’azzardo si siano fatti strada nel mondo dei videogiochi, tanto che si arriva a strumenti di autoregolazione, per esempio evitare le microtransazioni, che peraltro vengono viste come qualcosa di negativo, perché la fortuna prevale sull’abilità e distorce lo stesso senso del videogioco. C’è una consapevolezza del fatto che questi meccanismi aumentino il rischio di dipendenza, andando a distorcere il senso del tempo e provocando effetti negativi sulla vita scolastica, così come su quella sociale e relazionale.

A tale proposito, diversi partecipanti alla ricerca ci hanno spiegato come il gioco spesso provochi reazioni di aggressività, quando qualcosa non va come dovrebbe andare». Certamente, tuttavia, la consapevolezza, potrebbe non essere sufficiente.

f.p.

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