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Alberto Cirio: «Il nostro Piemonte sarà il cuore d’Europa»

Alberto Cirio
Alberto Cirio

L’INTERVISTA Prima regione italiana, il Piemonte accelera sull’idrogeno ed entra nell’associazione Hydrogen Europe, la principale organizzazione Ue con sede a Bruxelles, che raggruppa le più importanti aziende del continente, ma anche gli attori pubblici intenzionati a muoversi verso una vera transizione ecologica: è accaduto nei giorni scorsi. Infatti, spiega il presidente Alberto Cirio a Gazzetta d’Alba, «l’idrogeno è uno dei nostri progetti bandiera per il Piano nazionale di ripresa e resilienza, attraverso il quale puntiamo a essere una delle capitali internazionali». Cirio – che ad Alba è stato vicesindaco leghista, poi assessore regionale forzista, quindi parlamentare europeo e ora presidente della Giunta regionale sabauda – usa il metodo langarolo, sempre alla ricerca di cose da fare, bene, in fretta, prima degli altri, anzi prima che gli altri capiscano. Eppure, eletto in Regione nel 2019 non ha avuto tempo di gustarsi la poltrona che si è trovato alle prese con la temibile pandemia da Covid-19. Siamo in ripartenza, ma la nostra regione, prima della pandemia, era indietro rispetto al resto del Nord.

In questo delicato momento, quali azioni sta intraprendendo, presidente Cirio?
«Il Piemonte ha molto da recuperare, perché ha sofferto fortemente la lunga crisi della Fiat. Anche se ci sono aree come il Cuneese, per esempio – ma anche molte altre, da Novara al Verbano-Cusio-Ossola, ad Alessandria –, sempre un passo avanti. Nella cintura torinese, invece, l’effetto della persistente difficoltà del comparto dell’auto si sente molto forte. Per questo, in collaborazione con il sindaco di Torino Stefano Lo Russo, abbiamo affinato un grande progetto bandiera legato all’industria manifatturiera su cui investire con il Piano nazionale di ripresa e resilienza: lo affermo da uomo che crede nel turismo, ma bisogna ricordare che l’industria paga un terzo degli stipendi in Piemonte. Inoltre, dobbiamo dare più forza a un’altra grande eccellenza sabauda, l’industria aerospaziale, sulla quale stiamo investendo, anche in relazione al tema dell’idrogeno; al Piemonte è utile anche rafforzare il comparto dell’agroalimentare, con l’impresa agricola e turistica. E, infine, ci è indispensabile un forte sistema di logistica che ci trasformerà nel cuore dell’Europa».

Ci spieghi meglio, allora.
«Non ho alcun timore per il futuro della nostra regione. Le spiego perché. Da sabaudi, un po’ riduttivi quali sempre siamo, chiamiamo Tav o Torino-Lione quello che in realtà è un tratto del corridoio Lisbona-Kiev, mentre definiamo Terzo valico un tassello del corridoio Genova-Rotterdam. Se pensiamo a queste grandi rotte ferroviarie, comprendiamo che tutte le merci sono destinate a passare attraverso queste infrastrutture che s’incrociano in Piemonte. Sono vincolato e non posso fare nomi, ma ho firmato accordi con realtà industriali internazionali che s’insedieranno in Piemonte per due nostre peculiarità: il Politecnico di Torino, una grande ricchezza per la ricerca, e le infrastrutture di cui stiamo parlando».

In questo quadro di ottimismo, ci dobbiamo preoccupare per l’aumento delle materie prime che pare minare la ripresa in atto?
«Sono moderatamente in allerta. Carlo Messina – da cinque anni ai vertici di Intesa Sanpaolo, portando la banca tra i principali leader del sistema creditizio europeo–, che Alba ha premiato con il Tartufo dell’anno durante l’ultima Fiera, ci ha spiegato proprio in quel contesto che l’impasse sarebbe durata fino alla prima metà del 2022, per tornare poi progressivamente indietro, anche se non ai livelli precedenti. Confido che questo avvenga»

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Nella ripresa in atto in Italia pare non brillare la politica. Siamo appena usciti da una settimana spesa per votare il capo dello Stato – che lei ha vissuto da grande elettore – con il centrodestra a pezzi, stando alle parole di Salvini. È così, Cirio?
«Se è per questo anche il centrosinistra è in frantumi. Sono stato sconcertato dal muro che è stato posto a qualsivoglia proposta, dopo che Berlusconi ha fatto un gesto di apertura, escludendosi. Sono peraltro convinto della stabilità del centrodestra, unito nella sua complessità: è un valore la componente conservatrice rappresentata da Meloni, come il posizionamento di Salvini che rilancia l’autonomia e l’anima più liberale e moderata che rappresento».

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Che cosa ne pensa, presidente? Stiamo per lasciarci alle spalle il Covid-19?
«I numeri ci dicono che stiamo vivendo una continua discesa dei ricoveri e del tasso di positività. C’è da dire che in questa quarta ondata rispetto alle precedenti abbiamo registrato ogni giorno sei-sette volte il valore di positivi, con solo un quarto o un quinto delle ospedalizzazioni».

Merito delle vaccinazioni?
«Sì, il vaccino contro il Covid-19 è stato fondamentale e ci ha permesso, tra l’altro, di gestire l’ondata  pandemica, mantenendo aperte quasi tutte le attività. Ora però chiediamo al Governo di distinguere tra malati da curare e persone sane, non più tra positivi e negativi. Non vuole dire che abbiamo sbagliato in
precedenza, ma ogni cosa è figlia del suo tempo, pure la pandemia».

I piemontesi hanno creduto molto nell’immunizzazione?
«Sì. E ne sono molto orgoglioso. Anche perché abbiamo potuto fornire la nostra disponibilità ai ricoveri in terapia intensiva della Valle d’Aosta. La fondazione Gimbe attesta che siamo la seconda regione d’Italia per numero di vaccinati, con l’83,1% di copertura della terza dose; in Italia siamo al 77,6%. Si tratta di un esito straordinario: il vaccino ci ha permesso di mettere la corazza ai piemontesi».

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Come cambierà la sanità piemontese dopo il Covid-19?

«La scorsa settimana è stata una data storica per il Piemonte: ha preso ufficialmente vita la medicina territoriale. Con 400 milioni di euro d’investimenti realizzeremo al più presto 91 case di comunità, 5 delle quali tra Langa e Roero, spendendo un milione e mezzo di euro in media per ogni struttura. Inoltre, ci saranno gli ospedali di comunità. Alba e Bra ne avranno uno ognuna, con il nosocomio di Verduno a coordinarli. Le strutture di casa nostra nelle stime costeranno dieci milioni di euro l’una: per questo saranno realizzate in project financing (con capitali privati): i fondi del Pnrr non sarebbero sufficienti; saranno presidi sanitari sotto casa, che contribuiranno pure a rivitalizzare le aree urbane rimaste orfane degli ospedali. Siamo tra le regioni italiane che oggi ricoverano di più – il doppio della media nazionale –, perché fino a qui non abbiamo avuto il filtro della medicina territoriale».

Che cosa le ha insegnato la pandemia da Covid-19?
«Ho vissuto la lezione da governatore e credo di avere imparato. Due anni di virus in trincea mi hanno aiutato a comprendere che urge davvero cambiare. Sulla sanità pubblica tutti hanno tagliato, razionalizzato si diceva. Un esempio? A febbraio 2020 avevamo due laboratori per i tamponi in Piemonte e ora ne abbiamo 45, venti pubblici e gli altri in convenzione».

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L’Alstom è il primo costruttore al mondo ad aver realizzato e messo in servizio il treno a idrogeno, il Coradia iLint, che dal 2018 ha già percorso 200mila chilometri in Sassonia.

Se la sanità può migliorare con i nuovi progetti al via, come si risolve la carenza di personale specializzato, presidente Cirio?
«Chiediamo allo Stato di eliminare subito il numero chiuso alle facoltà di medicina, visto che non abbiamo i professionisti – ma anche gli infermieri – che ci servono. L’altra schizofrenia italiana sono le borse di studio per gli specializzandi. Costano 25mila euro l’anno l’una e lo Stato non ne finanzia abbastanza. Però, gli ospedali sono costretti a chiamare i “gettonisti” a mille euro al giorno».

Il problema esiste anche per l’industria, che non trova adeguati profili professionali da inserire in organico.
«Il Piemonte ha una tradizione nella formazione professionale, ma occorre anche un cambiamento culturale delle famiglie: non tutti i ragazzi devono fare il liceo. L’istituto tecnico ha pari dignità e nella catena della società tutti i mestieri sono importanti. Ce lo ha insegnato proprio il Covid-19: durante
la pandemia è stato fondamentale il medico rianimatore, ma anche la cassiera del supermercato, che ogni giorno si esponeva per permetterci di fare la spesa».

Il cambiamento climatico è già qui. Che cosa stiamo facendo in questo campo?
«Vedo con favore tutte le strade a protezione dell’ambiente. Forse sembra facile dirlo qui, dove il vino più sano si vende bene e a caro prezzo. Ho apprezzato che il presidente del Consiglio Mario Draghi abbia istituito il Ministero della transizione ecologica: dà l’idea di un percorso che dobbiamo compiere con molta determinazione. Infatti, se per realizzare un motore a scoppio servono sei persone e per l’elettrico ne basta una, abbiamo il problema di occupare cinque lavoratori, evitando di ricorrere al reddito di cittadinanza. È la transizione ecologica: andare verso le fonti rinnovabili, attraverso un percorso che non lasci solo nessuno. Il nostro Paese, fin qui, non ha saputo fare le transizioni: all’epoca  del boom abbiamo dimenticato i diritti dei lavoratori per privilegiare la produzione, poi abbiamo scordato l’economia per difendere troppo i diritti. Oggi si potrebbe rischiare, per proteggere l’ambiente, di danneggiare persone e imprese. La parola “transizione” ci dà invece la percezione del passaggio epocale a cui dobbiamo fare fronte».

Figliuolo visita l’Unità di crisi Piemontese. Cirio chiede di accelerare con le terze dosiUno dei progetti bandiera del Piemonte nel campo del Pnrr è legato all’idrogeno e ci tocca come albesi. Giusto?
«Sì. Possiamo davvero diventare hydrogen valley (un ecosistema che include la produzione e il consumo, combinando ricerca, usi civili e industriali, mobilità sostenibile, nda) nel Paese. Lo Stato sta immettendo molte risorse per la ricerca, che qui viene svolta dal Politecnico di Torino. Ma per ora l’utilizzo dell’idrogeno, a causa del suo costo elevato, resta legato al pubblico, quindi al trasporto ferroviario. In Piemonte, inoltre, abbiamo l’Alstom che realizza i modernissimi treni a idrogeno e una rete ferroviaria vetusta, dove è più conveniente fare viaggiare i vagoni a idrogeno che quelli elettrici, proprio come sull’Alba-Asti, appunto».

Abbiamo speranze concrete di veder correre il treno?
«Abbiamo candidato la linea Alba-Asti come progetto bandiera. Significa avere le risorse per fare viaggiare convogli alimentati a idrogeno, permettendoci di dare davvero vita a interventi di cui tutti hanno parlato, ma che nessuno ha mai realizzato».

Dunque, chi voleva le piste ciclabili al posto dei binari ora inverte la rotta…
«Da persona realista, parlavo di piste quando le alternative non c’erano. Oggi l’idrogeno è una prospettiva reale, che ci permetterà pure di avere la ciclabile accanto ai binari. La candidatura che abbiamo avanzato ai Ministeri guidati da Enrico Giovannini e Roberto Cingolani riguarda Alba, ma è piuttosto complessa: potrebbe essere la prima città organizzata con un quartiere interamente a idrogeno. È in questo quadro che la tratta ferroviaria potrà ripartire».

Più in generale, che cosa vuole per il Piemonte?
«Con le risorse che abbiamo oggi, dobbiamo in primo luogo finire i progetti che sono al palo da anni. Ad Alba l’ospedale di Verduno è stato aperto, forse anche grazie al Covid-19 che ci ha permesso di forzare i tempi della burocrazia. Il nosocomio dedicato a Michele Ferrero è stato avviato curando i piemontesi e credo sia stata un’ottima partenza. Ora nessuno ne parla più male e la struttura, anche per merito della fondazione guidata da Bruno Ceretto, si sta riempiendo di contenuti forti. Pure l’Asti-Cuneo era tragicamente bloccata: oggi l’obiettivo è finire il lotto in corso entro l’autunno, dove  vorrei inaugurare la prossima Fiera del tartufo. Lavoro ogni giorno per questo e vedo che i cantieri viaggiano spediti, anche di sera. Infine, dobbiamo costruire l’ultimo tratto entro il 2024. Altro nodo fermo era il terzo ponte sul Tanaro, ma anche questo nodo è stato sbloccato con venti milioni dello Stato. In generale, come ho detto, il futuro del Piemonte è nella logistica. Se ieri eravamo ai confini dell’impero, oggi ci troviamo nel cuore dell’Europa. Dobbiamo ora pensare a utilizzare bene i fondi europei, facendoli fruttare, perché dovremo restituirli. Ma siamo sabaudi: abbiamo fatto l’Italia una volta con Cavour e una seconda con la Resistenza – un valore che porto geneticamente con me –: lavoreremo anche in questo frangente con la tenacia che ci distingue».

Mariagrazia Olivero

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