Ultime notizie

Si fa servizio civile o precariato?

Si fa servizio civile o precariato?

LETTERA AL GIORNALE Ho letto la pagina dedicata ai “Cinque ragazzi per il servizio civile” sul numero di Gazzetta dell’11 gennaio e vi confesso che ha generato in me reazioni contrastanti.

Leggo di 440 euro mensili per 24 ore svolte e mensa pagata. Meglio di niente, sia bene inteso, ma mi domando come un giovane possa raggiungere un’indipendenza o fare sogni per il futuro con una cifra che copre poco più di un affitto mensile e bollette varie quali acqua, gas, luce e telefono, se va bene.

Mi si potrà dire: «Eh, ma sono giovani!», ma anche qui bisognerebbe capire cosa si intende per giovani e per adulti, visto che Lorenzo e Simona si sono già laureati, mentre Rosita ha 28 anni e diverse esperienze lavorative e di formazione alle spalle, anche di carattere internazionale.

Visto che Lorenzo e Simona hanno già completato un ciclo di studi superiori di livello universitario in Italia e che Rosita ha accumulato un curriculum in ambito teatrale di tutto rispetto fra Torino, la Danimarca, Berlino e Roma, forse non meriterebbero tutti e tre di essere assunti come professionisti e con uno stipendio che possa garantire indipendenza economica, così da non dover aspettare a progettarsi una vita?

Mi si dirà: «Questa esperienza apre per loro le porte di nuove occasioni di lavoro per il futuro, facendo curriculum». Ora, ingrassare il curriculum può essere una buona idea, ma io trovo che sia ancora più onesto pagare i professionisti (e loro lo sono già) in maniera congrua, così da non mancare di rispetto a quella che è stata la loro formazione.

Il servizio civile mi ricorda i tanti annunci per artisti, grafici e musicisti, in cui si promette di pagare per i lavori compiuti in “visibilità”, come se la “visibilità” sfamasse le pance.

La mia impressione (o qualcosa di più) è che gli studi umanistici e artistici non siano sufficientemente considerati da noi in Italia e che i poveri studiosi siano costretti ad accettare qualunque condizione di lavoro, per umiliante che sia, nella speranza di un futuro migliore.

Vi è poi un punto, tipico della maniera di pensare del nostro Belpaese, che mi lascia contrariato. Il distinguere costantemente fra giovani e non giovani (vedi il limite dei 28 anni per il servizio civile). Separare per età non è una discriminazione? È colpa mia aver superato i 28 anni?

L’età stessa non dovrebbe essere un “dato sensibile”, da tenere privato perché possibile oggetto di discriminazioni? In molti Paesi (vedi il Canada) il potenziale datore di lavoro, in fase di selezione, può addirittura essere denunciato se ha l’ardire di domandare informazioni quali l’età o altri dati personali.
Sono lieto che i giovani del servizio civile si diano da fare per il bene della città, ma mi auguro che le loro attività siano una libera scelta e non una necessità, a fronte delle difficoltà lavorative che molti laureati in discipline umanistiche trovano nel Paese.

Francesco Barbero, Alba

Gentile Barbero, certamente c’è l’esigenza di adeguare la scuola al mondo del lavoro e quindi sono giustificati anche gli stage, nonostante i furbetti pronti a sfruttare la situazione.

A ogni modo tra un reddito di cittadinanza fallimentare e un servizio civile con qualche falla, meglio il secondo.

g.t.

Banner Gazzetta d'Alba