Ultime notizie

I tre doni di Dio che rendono più piena la nostra vita

PENSIERO PER DOMENICA – QUINTA DI PASQUA – 15 MAGGIO

Le domeniche di Pasqua delineano un itinerario di vita e di fede. La scorsa domenica siamo stati invitati a farci guidare da Gesù buon pastore. In questa, ci viene ricordato che dobbiamo coltivare in noi le tre virtù teologali: fede, speranza, carità, tre doni di Dio per rendere più piena la nostra vita.

I tre doni di Dio che rendono più piena la nostra vita
Nell’Ultima cena Gesù invita i suoi ad amarsi e a dare la vita come ha fatto lui. Miniatura del XVI secolo.

La fede ha bisogno di consolidarsi. Paolo e Barnaba (At 14,21-27), tornando nelle comunità da loro fondate, le confermano nella fede e scelgono le guide: sanno che l’entusiasmo dell’adesione è passeggero. Con l’arrivo di tribolazioni e difficoltà servono riferimenti sicuri. Paolo e Barnaba ci ricordano che una comunità è viva se ciascuno si prende cura della fede dei fratelli e se è aperta al nuovo: per esempio l’annuncio di Cristo anche ai pagani. Sapere che altri hanno creduto è motivo di gioia e di crescita della fede.

La seconda virtù “pasquale” è la speranza. Essa è come una stella che brilla nella Gerusalemme celeste (Ap 21,1-5). In questa pagina, troviamo gli orizzonti della speranza: un nuovo cielo e una nuova terra, in cui si realizzerà la comunione piena tra Dio e gli uomini, in cui Dio «asciugherà ogni lacrima dai loro occhi e non vi sarà più la morte». Questo era il progetto originario di Dio, poi deturpato dal peccato, ma che Dio vuole ricomporre. Le parole dell’Apocalisse («Vidi un cielo nuovo e una terra nuova») suonano profetiche e delineano una pista di impegno. Gesù, con la sua incarnazione, non ci ha aperto solo la via del cielo, ma ha affidato la terra alla nostra cura: questo non significa progresso infinito, ma rispetto dell’ambiente; non spreco di risorse, ma il loro uso per il bene di tutti.

La terza virtù da riscoprire è l’amore. L’apostolo Giovanni ha raccolto le ultime parole di Gesù (Gv 13,31-35). In queste parole-testamento, pronunciate verosimilmente non solo nell’ultima cena, ma negli ultimi mesi della sua vita terrena, Gesù ha marcato la differenza cristiana. Lui che, in risposta al dottore della Legge, aveva sottoscritto la tesi giudaica che vedeva come primo comandamento: «Ama Dio con tutto il cuore e il prossimo come te stesso», ora fa avanti la sua novità: «Come io ho amato voi, così amatevi anche voi». Questa novità lui l’ha vissuta fino a dare la vita. Un amore del genere è contagioso e ha lo stesso fine della missione: «Da questo conosceranno che siete miei discepoli: se avrete amore gli uni per gli altri». Le comunità giovannee anticipano e fondano quello che sarà lo spirito di Charles de Foucauld o di madre Teresa di Calcutta o dei preti operai: «Gridare il Vangelo con la vita».

Lidia e Battista Galvagno

Banner Gazzetta d'Alba