Tutti possiamo essere come il buon samaritano

PENSIERO PER DOMENICA – XV TEMPO ORDINARIO – 10 LUGLIO

Il buon samaritano contende al figliol prodigo il titolo di personaggio più popolare del Vangelo. È quello che più assomiglia a Gesù, meglio incarna il suo comportamento e la sua filosofia di vita. Nella parabola riportata da Luca (10,25-37) Gesù dice al suo interlocutore: «Va’ e anche tu fa lo stesso».

Qual è il primo comandamento? Se lo sono chiesto grandi filosofi e i leader religiosi. Sappiamo la risposta dei maestri ebrei: «Ama Dio con tutto il cuore, con tutta la mente, con tutte le forze». Solo al secondo posto veniva l’amore all’uomo. La storia insegna che per amore di Dio si è arrivati a uccidere il prossimo: dalle guerre di religione, alle crociate, fino ai kamikaze dei giorni nostri. Gesù fa ordine: mette i due comandamenti sullo stesso piano, poi chiarisce il concetto di prossimo.

Chi è il prossimo? Il prossimo era il familiare, l’amico, il connazionale, il compagno di fede, il socio. Per Gesù tutte queste distinzioni devono cadere: il prossimo è chi ha bisogno di me, mi chiede aiuto, mi si para dinanzi con il volto sofferente. Rispondere alla domanda di chi soffre, cercare di ridurre la sofferenza dell’altro è l’inizio dell’umanità. Secondo Lévinas, «la compassione, cioè il soffrire con l’altro, è la cosa che ha più senso al mondo», o meglio, è il sentimento che dà o ridà senso al mondo.

La lezione di papa Francesco. Proponendo come modello di comportamento un samaritano, un essere emarginato, Gesù insegna che la fraternità cristiana non conosce barriere. Leggiamo nell’enciclica Fratelli tutti: «Questa parabola è un’icona illuminante, capace di mettere in evidenza l’opzione di fondo che abbiamo bisogno di compiere per ricostruire questo mondo che ci dà pena. Davanti a tanto dolore, a tante ferite, l’unica via di uscita è essere come il buon samaritano. Ogni altra scelta conduce o dalla parte dei briganti oppure da quella di coloro che passano accanto senza avere compassione del dolore dell’uomo ferito lungo la strada (…) Al mondo ci sono due tipi di persone: quelle che si fanno carico del dolore e quelle che passano a distanza; quelle che si chinano riconoscendo l’uomo caduto e quelle che distolgono lo sguardo e affrettano il passo». Non si può essere neutrali. Il sacerdote e il levita di fatto stanno dalla parte dei briganti della strada e, peggio, sono persone religiose. Da qui la constatazione che «il fatto di credere in Dio e di adorarlo non garantisce di vivere come a Dio piace». La fratellanza si misura sui fatti. Dove ci collochiamo?

Lidia e Battista Galvagno

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