Il collasso del pianeta è iniziato, ma anche da noi nessuno vuole cambiare stile di vita

Il collasso del pianeta è iniziato, ma anche da noi nessuno vuole cambiare stile di vita

LETTERA AL GIORNALE «Il collasso climatico del pianeta è iniziato». Questa frase pronunciata il 6 settembre scorso dal segretario generale delle Nazioni unite, Antonio Guterres, dà la misura della situazione di sostanziale emergenza che stiamo vivendo e che sperimentiamo direttamente sulla nostra pelle.

Prendiamo le giornate torride di questa estate, sentirsi oppressi dal gran caldo e nello stesso tempo toccare con mano la più completa impossibilità di difesa: qualche sollievo con ventilatori e aria condizionata, ma appena fuori lo schiaffo di vie e piazze infuocate. E poi i disastri climatici quotidiani, uno stillicidio continuo di autentiche tragedie, allagamenti, roghi, ghiacciai che fondono e oceani ribollenti.

Eppure tutto continua come prima salvo qualche superficiale spruzzata di verde, con noi singoli cittadini che restiamo innestati su modelli di vita non più compatibili con il cambiamento climatico.

Questa non assunzione collettiva di responsabilità lascia campo libero ai pesci più grossi, che, guardandosi bene dal cambiare marcia, ripropongono investimenti e affari conseguenti.

Considerando che la sparizione dei terreni agricoli e fertili è una delle cause primarie del riscaldamento climatico, assistiamo costernati all’annuncio di due nuove colate di cemento nel Roero: l’impianto di biometano a Canove di Govone, promosso da Ferrero e Snam e il nuovo centro commerciale di Canale.

Nel primo caso si costruirà un’autentica isola di riverbero di calore su 42mila metri di verde agricolo con un capannone di 130 metri per 35 e sette grandi cilindri di cemento armato con cappuccio in ferro; il tutto per strizzare sottoprodotti alimentari Ferrero così elencati da loro nel relativo progetto biometano: foglie esauste di tè, nocciole di scarto, sfridi di wafer, bucce di cacao caffè esausto, per costringerli a diventare metano con un procedimento invasivo, costoso e non senza emissioni di polveri sottili in atmosfera.

Non esiste alcuna necessità oggettiva per lo smaltimento di questi prodotti da parte della Ferrero (37mila tonnellate, un migliaio di tir annuali), attualmente ritirati dalla Dalma mangimi di Marene e in precedenza trasformati in ottimo compost dal consorzio pubblico Coabser. E allora? Allora la spiegazione è molto semplice: puro business; perché i finanziamenti pubblici per l’opera sono copiosi e corposi.

A Canale, seppur in chiave ridotta rispetto a Govone, la ditta Barberis ripropone invece un nuovo polo commerciale, iniziativa pare non condivisa dall’attuale Amministrazione, che si sarebbe adeguata obtorto collo alle normative europee. Sui 15mila metri di terreno a disposizione, nasceranno circa 4mila metri quadrati di nuove strutture commerciali e ricettive, più piazzole e parcheggi vari, sacrificando l’ultimo lembo libero e verde rimasto a disposizione dell’abitato.

Ci chiediamo, vista la sovrabbondante offerta di supermercati nella zona, tre solo a Canale, da dove mai arriveranno i clienti, forse trasportati con dei pullman da Marte, vista la complessiva denatalità dell’area? Di certo un eventuale successo di questo polo commerciale (se realizzato) significherebbe il de profundis per la vita dell’attuale centro storico, già malaticcio, che passerebbe direttamente alla fase desertica.

Intanto prepariamoci alla resistenza termica e all’aumento del grado di cottura perché il collasso climatico ha avuto inizio, come annuncia Guterres.

 Gino Scarsi

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